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Liu Shikun: “Il concorso Tchaikovsky è un potente carro armato”

Guerra e musica. Gli orrori del conflitto, che vedono insanguinata l’Ucraina, tra i Paesi coinvolti nella umana follia, e la missione salvifica della prima. Ad accostarle si fa peccato. Perché sono davvero agli antipodi. Ma il paragone rende l’idea: per Liu Shikun il concorso Tchaikovsky è un potente carro armato. Lo ha detto proprio ai media russi il pianista e compositore cinese. Che è membro della giuria del concorso internazionale, giunto alla 17esima edizione. Un messaggio pieno di forza.

Liu Shikun, il senso delle sue parole

“Il Concorso Tchaikovsky è come un potente carro armato, con tutto ciò che contiene, mentre tutti gli altri concorsi internazionali sono armi leggere. Senza dubbio rimane, se non il più difficile, uno dei concorsi più impegnativi al mondo”, ha detto il musicista. Liu Shikun ha poi augurato ai finalisti di fare del loro meglio (il vincitore sarà proclamato quest’oggi 29 giugno) e di continuare a servire l’arte nel mondo. Pur credendo nella superiorità della Musica, riconosce che la stessa spesso viene messa in posizione subalterna dalla politica. “Il che è molto frustrante – denuncia – ma questo non ha influito sul livello della competizione e dei concorrenti, ancora alto”.

Il musicista

Classe 1939, Liu Shikun ha iniziato a suonare il pianoforte a soli 3 anni – a 5 cominciava ad esibirsi in pubblico. Ha studiato al Conservatorio centrale di Musica di Pechino e si è diplomato a quello di Mosca. Nel 1958 ha condiviso con Lev Vlassenko il secondo premio alla prima edizione del concorso Tchaikovsky di Mosca, vinto dall’americano Van Cliburn. La sua fama crebbe, non solo in Cina, dove portano il suo nome tante scuole di musica, fino ad essere considerato uno dei migliori concertisti. Fece l’esperienza del carcere: otto anni di prigione, quando la musica occidentale è stata bandita. Attualmente ricopre diversi incarichi. È stato membro della giuria di concorsi pianistici internazionali, tra cui il Franz Lizt e il Van Cliburn, oltre al Tchaikosky.  

Il viaggio di Mario Desiati, Premio Strega 2022

Conobbi l’Autore in una piccola libreria. Qualche anno fa, in un incontro pubblico, rimasi colpito dalla gentilezza di chi mi ringraziava per esserci stato, e per averlo ascoltato sino alla fine; e naturalmente, sul piano narrativo, dalle capacità descrittive dei luoghi condivisi. Doti da scrittore puro. Il Premio Strega 2022 conquistato dal martinese Mario Desiati inorgoglisce l’intera comunità da lui vissuta.

Il suo Spatriati in un articolo de Lo Jonio pubblicato il 15 maggio 2021:

Il caso Piazza, quando gli ebrei erano fascisti

La sua biografia è stata rispolverata dalla docente Romana Bogliaccino in “Scuola negata” (Biblion, 2021). La riproponiamo in occasione del seconda Giornata mondiale contro i genocidi e per la prevenzione dei crimini contro l’umanità, al di là della ricorrenza celebrata ieri, ventisette gennaio (come ha detto la senatrice Liliana Segre, tutti i giorni sono quelli della Memoria): Maria Piazza (1894-1976) rientra tra quegli ebrei che antifascisti non lo sono mai stati, almeno fino al ’38, quando furono applicate in Italia le Leggi razziali; ma pagò a caro prezzo la propria condizione, in ogni caso.

Nata nella provincia di Avellino (Ariano Irpino), Maria Piazza si laureò a Napoli in Chimica, per poi proseguire gli studi all’Università di Roma (il padre si era trasferito nella capitale prendendo possesso di un negozio di tessuti), dove svolse anche il ruolo di assistente all’Istituto di Mineralogia; per la stessa Facoltà ottenne la libera docenza nel 1932. Un anno prima, all’atto della nomina, giurò fedeltà al regime. Aveva tre sorelle. Del suo lavoro si ricorda anche il contributo dato all’Enciclopedia italiana nella produzione di articoli scientifici. Dopo anni di insegnamento (dal ’29 al ‘38’ al liceo Visconti di Roma), a causa delle Leggi razziali fu espulsa, estromessa anche dall’Università, dalla Società geologica e dalla S. per il Progresso delle Scienze – dalla sua classe, la II liceale A, furono espulsi anche gli studenti Vittorio Bonfiglioli e Sergio Bondì. La professoressa riprese ad insegnare alla neonata Scuola ebraica. Come anche alla “Università clandestina” di Roma, che chiamava a raccolta gli studenti ebrei desiderosi di proseguire gli studi scientifici dopo la scuola superiore.

Chi era Maria Piazza agli occhi dei suoi studenti? Era una che “ti metteva la mineralogia in testa a martellate”, ricorda di lei un ex alunno, Gino Fiorentino, sottolineando la severità della donna che veniva chiamata ‘zi’ Maria’. Prima di morire fu nominata Commendatore al merito della Repubblica italiana. La sua testimonianza è di rigore, passione incondizionata per l’insegnamento, per il quale si è sempre sentita vocata: esempio valido ai giorni odierni, peraltro: retto dal corpo docente, che oltre ad essere preparato dovrebbe dimostrarsi capace di proporsi alla classe con un approccio minimamente empatico, tra didattica a distanza e presenza, il sistema scolastico deve continuare a garantire la sua presenza preziosa e indispensabile.