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Undici settembre, la catastrofe che è costata agli Usa oltre 5.800 miliardi

Una ferita sempre aperta. Che non si può rimarginare: con gli stessi sentimenti di sgomento, di dolore e incredulità, il mondo ricorda gli attentati alle Torri Gemelle del World Trade Center di New York dell’undici settembre, per il 22esimo anno. Il primo dei quattro aerei di linea dirottati, schiantatosi sulla Torre nord a circa 750 km/h, tra il 93° e il 99° piano, ha dato una svolta alla storia contemporanea. Erano le 8.46 (14.46 in Italia) di quella che sembrava essere una splendida giornata. A tutti i livelli, le ricadute della catastrofe sono state importanti. E magari nemmeno immaginabili.

Le spese militari

Tra il 2001 e il 2022 gli Usa hanno speso oltre 5.800 miliardi di dollari. La cifra viene dalle stime del Watson Institute della Brown University; alla stessa vanno aggiunti i costi di cura dei veterani – almeno altri 2.200 $ stimati fino al 2050. All’indomani degli attentati dell’undici settembre l’obiettivo era l’uccisione di colui che fu riconosciuto come il principale responsabile. Ovvero di Osama Bin Laden (1957-2011). La morte del fondatore e leader di Al Qaeda non ha portato, però, a risultati concreti nella lotta alla stessa organizzazione terroristica internazionale. La riprova sta nel ritiro delle truppe statunitensi e della coalizione Nato dall’Afghanistan, avvenuto nel maggio 2021. Azione che, di fatto, ha dato lo Stato in pasto ai talebani. Le operazioni militari si collocavano nella mission denominata nation building. Miravano, cioè, alla costruzione di uno Stato afghano che rispettasse i criteri della democrazia e della stabilità. Oltre alle risorse impiegate sul piano bellico si pensi a quanto speso in sicurezza nel sistema di prevenzione di nuovi attentati. Perché da quel giorno l’intero Occidente si è sentito e continua a sentirsi sempre più vulnerabile.

Undici settembre, il valore della Memoria

Ricordare significa dare giustizia alle vittime e ai loro familiari. Circa 3000 i morti accertati, dalla mattina degli attentati nel cuore della Grande Mela agli ultimi anni, a causa delle patologie sviluppate, correlate allo stesso evento drammatico. La lista è sconfinata, e ancora aggiornata: nelle scorse ore il corpo dei vigili del fuoco ha aggiunto 43 nomi nuovi; le autorità di New York hanno dato un nome ad altre due vittime delle stragi, identificati grazie a un test avanzato del Dna. Tecniche all’avanguardia hanno permesso di non lasciare ignote alcune delle persone che se ne sono andate. Così la tecnologia (almeno quella) ha fatto progressi utili all’umanità. Tuttavia, va considerato che ancora il 40 per cento delle vittime totali resta non identificato. Il memoriale dell’undici settembre ha raggiunto persino Marte. Artefici dell’impresa i rover Spirit e Opportunity che vi hanno portato un ricordo interplanetario per le vittime degli attentati. Una lezione di umanità. Un messaggio che agli extraterrestri in giro per la galassia può dire quanto siamo stupidi noi mortali, capaci di farci del male; ma pure di trovare la via della rinascita e del riscatto.

Il caso Piazza, quando gli ebrei erano fascisti

La sua biografia è stata rispolverata dalla docente Romana Bogliaccino in “Scuola negata” (Biblion, 2021). La riproponiamo in occasione del seconda Giornata mondiale contro i genocidi e per la prevenzione dei crimini contro l’umanità, al di là della ricorrenza celebrata ieri, ventisette gennaio (come ha detto la senatrice Liliana Segre, tutti i giorni sono quelli della Memoria): Maria Piazza (1894-1976) rientra tra quegli ebrei che antifascisti non lo sono mai stati, almeno fino al ’38, quando furono applicate in Italia le Leggi razziali; ma pagò a caro prezzo la propria condizione, in ogni caso.

Nata nella provincia di Avellino (Ariano Irpino), Maria Piazza si laureò a Napoli in Chimica, per poi proseguire gli studi all’Università di Roma (il padre si era trasferito nella capitale prendendo possesso di un negozio di tessuti), dove svolse anche il ruolo di assistente all’Istituto di Mineralogia; per la stessa Facoltà ottenne la libera docenza nel 1932. Un anno prima, all’atto della nomina, giurò fedeltà al regime. Aveva tre sorelle. Del suo lavoro si ricorda anche il contributo dato all’Enciclopedia italiana nella produzione di articoli scientifici. Dopo anni di insegnamento (dal ’29 al ‘38’ al liceo Visconti di Roma), a causa delle Leggi razziali fu espulsa, estromessa anche dall’Università, dalla Società geologica e dalla S. per il Progresso delle Scienze – dalla sua classe, la II liceale A, furono espulsi anche gli studenti Vittorio Bonfiglioli e Sergio Bondì. La professoressa riprese ad insegnare alla neonata Scuola ebraica. Come anche alla “Università clandestina” di Roma, che chiamava a raccolta gli studenti ebrei desiderosi di proseguire gli studi scientifici dopo la scuola superiore.

Chi era Maria Piazza agli occhi dei suoi studenti? Era una che “ti metteva la mineralogia in testa a martellate”, ricorda di lei un ex alunno, Gino Fiorentino, sottolineando la severità della donna che veniva chiamata ‘zi’ Maria’. Prima di morire fu nominata Commendatore al merito della Repubblica italiana. La sua testimonianza è di rigore, passione incondizionata per l’insegnamento, per il quale si è sempre sentita vocata: esempio valido ai giorni odierni, peraltro: retto dal corpo docente, che oltre ad essere preparato dovrebbe dimostrarsi capace di proporsi alla classe con un approccio minimamente empatico, tra didattica a distanza e presenza, il sistema scolastico deve continuare a garantire la sua presenza preziosa e indispensabile.