Leggere nel pensiero: si può fare, secondo la Duke University

Una grande opportunità. Così va concepito l’impianto cerebrale testato da un team di neuroscienziati, neurochirurghi ed ingegneri. Segnatamente da quelli della Duke University negli Stati Uniti: lo strumento è in grado di decodificare i segnali provenienti dal cervello ad una velocità superiore di quella offerta dagli strumenti disponibili attualmente. Che sono alquanto ingombranti, oltre ad essere lenti.

Lo studio della Duke University

La nuova tecnologia utilizza un nuovo dispositivo che, grande ovvero piccolo come un francobollo, pezzo flessibile di plastica per uso medico, è dotato di ben 256 microscopici sensori cerebrali. Quattro pazienti lo hanno provato sottoponendosi a test di “ascolto e ripetizione” della Duke University. Il dispositivo ha registrato l’attività della corteccia motoria del linguaggio di ciascun paziente mentre coordinava quasi 100 muscoli che muovono le labbra, la lingua, la mascella e la laringe – i soggetti erano stati invitati a ripetere ad alta voce una serie di parole. I dati sono stati poi inseriti in un algoritmo di apprendimento automatico. L’obiettivo: verificare la precisione con cui lo strumento poteva prevedere il suono prodotto, basandosi esclusivamente sulle registrazioni dell’attività cerebrale.

Ne è emerso che alcune parole avevano un’accuratezza dell’84 per cento nella traduzione corretta. Tuttavia, la precisione diminuiva quando si analizzavano i suoni nel mezzo o alla fine di una parola senza senso, oppure quelli simili come p e b.

A chi serve

Come ha rilevato il professor Gregory Cohan, ci sono molti pazienti che soffrono di disturbi motori come la SLA o la sindrome locked-in, debilitanti al punto da compromettere la capacità di usare la parola. A questi la nuova tecnologia può offrire un valido supporto. È stata già testata su soggetti che dovevano sottoporsi a un intervento chirurgico al cervello, per curare il morbo di Parkinson, o per rimuovere un tumore. E poiché il tempo a disposizione era alquanto limitato in sala operatoria, si è deciso di testarlo entro un quarto d’ora. Dalla teoria alla pratica, alla realtà: l’applicazione del nuovo impianto sembra essere lontana oggi; la velocità ancora lenta, rispetto al linguaggio naturale. Ma è stato fatto un significativo passo in avanti, dichiarano dalla Duke University.