La promessa che mantenne Berlusconi: la squadra più forte di tutti i tempi è stata il suo Milan

Si può essere antiberlusconiani e insieme milanisti? Proprio negli anni in cui Silvio Berlusconi era alla guida del Milan? Assolutamente sì. Lo è stato persino quel comunista di Fausto Bertinotti. Al netto della politica, della questione morale o della giustizia, bisogna riconoscere le capacità imprenditoriali di chi sapeva sognare in grande, e cercava il benessere di ogni persona. Così in ambito sportivo. Dove il presidente, scomparso ieri, ha dato tanto, nel mondo del pallone.

Il Milan di Silvio Berlusconi

Lo ha detto anche l’Uefa. Che il Milan di Arrigo Sacchi, con presidente Silvio Berlusconi, è stato la squadra più forte di tutti i tempi. Tra il 1988 e il 1990 i due vinsero 2 Coppe dei Campioni consecutive. Inoltre due Intercontinentali ed altrettante Supercoppe europee. Erano gli anni del trio delle meraviglie, formato dagli olandesi Marco Van Basten, Ruud Gullit e Frank Rijkaard. Una squadra che non ricercava solamente la vittoria ma anche lo spettacolo come mission. E non si dica che con quei giocatori, chiunque avrebbe potuto vincere… La storia anche recente (si veda la Juventus di Cristiano Ronaldo, incapace di vincere la Champions League) dimostra che per raggiungere i grandi obiettivi non bastano gli investimenti e i grandi calciatori: serve l’ambiente giusto, l’amalgama degli ingredienti utili, la presenza di motivatori, dentro e fuori il campo di gioco.

Dalla polvere alle stelle

Berlusconi viene riconosciuto come l’artefice della rinascita del Milan. Quando nel 1986 subentra a Giussy Farina e rileva la proprietà della società rossonera: dichiara di voler portare il club sul tetto del mondo. L’anno successivo ingaggia Sacchi come allenatore. Arrivano i campioni e i trionfi. Ventinove trofei durante la presidenza dell’ex Presidente del Consiglio, dal 1986 al 2017, prima della vendita a Yonghong Li. Vanno ricordati gli otto scudetti e le cinque Champions League / Coppa dei Campioni. Tanti i fuoriclasse che ha voluto: da Dejan Savicevic a George Weah, da Roberto Baggio a Andriy Shevchenko, da Kakà a Zlatan Ibrahimovic. Oltre ai tre famosi olandesi. Ha avuto fiuto anche nella scelta degli allenatori che dopo Sacchi si sono succeduti – 9 i trofei vinti con Fabio Capello. Dei 15 tecnici il primo è stato il “Barone” Nils Liedhom.

Milan-Steaua Bucarest

Le immagini di questi fenomeni sono consegnate alla storia. I rossoneri vincono per 4-0 la finale della Coppa dei Campioni 1988-89 al Camp Nou di Barcellona, sulla malcapitata Steaua Bucarest – vanno a segno due volte Van Basten e Gullit. Il Milan vince grazie ai suoi finalizzatori, al pressing, al gioco a tutto campo, che sono stati in quegli anni le sue prerogative. La squadra di Sacchi ha inciso profondamente sulla storia moderna del calcio: i suoi concetti fondamentali hanno trovato applicazione nel gioco degli allenatori più vincenti, come Pep Guardiola o José Mourinho, che hanno studiato proprio l’allenatore romagnolo. Il quale è ricordato anche per la finale persa ai campionati del mondo di Usa ’94: l’Italia, ahinoi, non era questo Milan.