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Lotta alle mafie, la grande assente della campagna elettorale

Vero è che le emergenze nuove hanno sovrastato le precedenti, irrisolte, ataviche; che gli italiani guardano al rincaro delle bollette, all’aumento dei prezzi dei beni alimentari, come alla questione emergenziale. Ma ci sono temi da includere necessariamente nella campagna elettorale. Uno di questi è senz’altro la lotta alle mafie, non pervenuta, a quanto pare. A lanciare l’allarme, Nino Di Matteo: “In Italia il problema del contrasto al sistema mafioso non è mai stato ai primi posti dei governi che si sono succeduti. La lotta alla mafia non è ancora una priorità della nostra politica e anche nell’attuale campagna elettorale sento poco parlare delle strategie politiche per contrastarla”. Il consigliere togato del Consiglio Superiore della Magistratura è inoltre intervenuto sull’affossamento della legge sull’ergastolo ostativo, avvenuto in Senato. La misura avrebbe negato a mafiosi e terroristi concessioni e benefici penitenziari. Ebbene, l’affossamento della legge “rischia di creare una situazione di libertà per soggetti condannati per strage”.

La questione è stata denunciata anche da Avviso Pubblico, la rete di enti locali contro mafie e corruzione, che ha presentato l’appello #Nosilenziosullemafie. Nella dialettica fra partiti il tema mafia non occupa una posizione centrale. “Manca un costruttivo confronto sul perseguimento di strategie e politiche di prevenzione e contrasto, punto nevralgico per lo sviluppo economico e sociale dell’Italia”, denuncia lo stesso AP. Sappiamo bene che il fenomeno è tutt’altro che superato. Siamo lontani dall’assistere alla sconfitta di ciò che, al pari di ogni fatto umano, ha un inizio ed avrà anche una fine, parafrasando Giovanni Falcone. Le tante vittime della criminalità organizzata chiedono un’inversione di marcia. Dovrebbe essere nell’interesse di tutti, se è vero che, ribadiamo, il benessere delle comunità passa anche dalla lotta alle mafie. E senza una visione non si va da nessuna parte.

La solitudine di Gratteri nel Paese ad alta densità mafiosa

Secondo i servizi segreti americani, il magistrato calabrese rischia di saltare in aria, come accadde a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma Nicola Gratteri non si lascia intimorire. Lo dicono le sue ultime apparizioni televisive, dal Maurizio Costanzo show a Otto e mezzo, a Piazzapulita. Egli sa di dover convivere con la paura. Mettendo a rischio la propria vita, la mission del procuratore della Repubblica di Catanzaro, uno dei magistrati più importanti del nostro Paese, è portare avanti la battaglia contro la ‘Ndrangheta. Inoltre migliorare il sistema penale e processuale. Duro il suo attacco al governo, negli ultimi giorni. Resta aperto il suo interrogativo: cosa fa il premier Draghi? Come si intende intervenire, a supporto della magistratura, per combattere la criminalità organizzata, le mafie tutte? Nulla di concreto, a quanto pare, nel disinteresse generale. Ma sì, sottostimiamo l’allarme… Tanto abbiamo deciso che la stagione stragista è conclusa (come le guerre in Europa). Quando uno muore, poi, diventa eroe, e viene celebrato per sempre da intere generazioni. Nicola Gratteri non è solo: dalla sua parte c’è la parte sana della società, e una squadra di “giovani eccellenti magistrati” che con lui collabora. Ma non basta, se manca l’attenzione delle alte cariche dello Stato della Repubblica italiana. Si pensi che l’uomo non ha mai avuto la possibilità di confrontarsi con Mario Draghi, né con il ministro della Giustizia, Marta Cartabia. E questo è sconcertante.

NON PERVENUTO. Sotto accusa il premier Draghi sul tema della sicurezza e della giustizia. Il governo, secondo Nicola Gratteri, non sta facendo nulla sul piano normativo. “Sta smontando anzi le norme che c’erano – denuncia – il messaggio che sta arrivando alla gente comune, oltre agli addetti ai lavori, è che c’è aria di smobilitazione: non c’è più attenzione, non è nell’agenda di governo, il tema”. Draghi giudicato non pervenuto nella lotta alla criminalità organizzata e non soltanto. Il magistrato contesta infatti una serie di norme, dalla riforma dell’ordinamento giudiziario alla improcedibilità, che non servirebbero proprio a nulla: non possono velocizzare i processi, né dare risposte alla comunità, o migliorare la qualità lavorativa dei magistrati e delle forze dell’ordine. Sono norme da “liberi tutti”. Ovvero quasi punitive nei confronti della magistratura. L’attacco del dottor Gratteri è pesante. E se vero è che il presidente Draghi ha parlato nei giorni scorsi della criminalità organizzata, come problema da affrontare, bisogna considerare che nel giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi non ha detto una sola volta la parola “mafia”, senza mai toccare l’argomento per un intero anno: lo ha fatto solamente all’indomani della partecipazione del magistrato alle trasmissioni di Lilli Gruber e di Maurizio Costanzo prendendo parte al 30esimo anniversario della Dia (Direzione investigativa antimafia) a Milano. Un intervento forzato tardivo fumoso. Draghi peraltro si è limitato a far riemergere quanto riportato nelle relazioni della Dia, dello Sco e del Ros di 8-10 anni fa.

Referendum 12 giugno: su cosa si vota

La materia è complessa. E importante, al punto che, secondo alcuni, non sarebbe opportuno interpellare l’opinione pubblica. Perché la stessa, per incompetenza, potrebbe “fare danni”. Ad ogni modo è doveroso conoscere il contenuto dei cinque quesiti del referendum sulla Giustizia, promossi dalla Lega e dai radicali. Il primo attiene alla questione morale; gli altri, alla magistratura e al processo penale. Si andrà al voto domenica 12 giugno (dalle ore 7 alle 23), giorno delle amministrative per 970 comuni italiani. La preferenza va espressa su ogni singolo quesito, attraverso il SI si consentono le modifiche sottoindicate, NO per lasciare la normativa inalterata:

1. Abrogazione della parte della legge Severino che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per politici (sindaci, consiglieri regionali, parlamentari, membri del Governo) e amministratori locali nel caso di condanna per reati gravi come mafia, corruzione, concussione o peculato.

2. Limitazione delle misure cautelari. Va premesso che affinché si possa avere una misura cautelare, deve sussistere uno di questi 3 elementi di garanzia: il pericolo di ripetere il reato, il pericolo di fuga, l’inquinamento delle prove. Il quesito chiede di togliere la “reiterazione del reato” dai motivi per cui i giudici possono disporre la mc in carcere o domiciliare durante le indagini ovvero nella fase preprocessuale.

3. Lo stop delle “porte girevoli”. Non permettere più il passaggio di ruolo tra giudice e pubblico ministero e viceversa nella carriera di un magistrato.

4. Valutazione magistrati. Permettere che gli stessi, la loro professionalità e operato, possano essere votati anche dagli avvocati, parte di Consigli giudiziari.

5. Riforma Csm. Abolire l’obbligo per un magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura al Consiglio Superiore della Magistratura.

Post scriptum. Per la validità del referendum dovranno votare il 50% + 1 degli aventi diritto.

Mascherine, no alla prudenza: è ora di liberarcene per favorire l’immunizzazione

Entrare in un bar o in un negozio senza avere indosso alcun dispositivo di protezione. È un’emozione, dopo oltre due anni, il recupero della normalità (tardivo rispetto al resto dell’Europa) reso possibile dalle nuove regole anti-Covid entrate in vigore il primo maggio, riguardanti anche l’utilizzo delle mascherine al chiuso. Il senso dell’ordinanza firmata dal ministro della Salute Roberto Speranza è il ritorno progressivo alla normalità. Significa che, laddove non richieste, le mascherine non andrebbero indossate più. La linea della prudenza non regge più. Non si può far cadere l’obbligo e consigliare, o meglio raccomandare (come fa qualcuno), alla popolazione di utilizzarle comunque, secondo una lettura distorta della disposizione. Occorre superare la paura del contagio, anche nelle condizioni più a rischio, ragionare nella logica della immunizzazione, indotta per via naturale o dopo tre dosi di vaccino: è il momento giusto, nelle settimane in cui l’aggressività del virus andrà scemando verosimilmente sino all’approssimarsi dell’autunno. Proteggere i soggetti fragili resta doveroso. Allora sì che questo strumento indispensabile nell’azione di contrasto al virus, nella fase acuta della pandemia, ha ragione di esistere. Per gli altri vale, se mai, questa raccomandazione: imparare ad osare, assumersi qualche ragionato rischio, è la precondizione per vivere.

LA LINEA SPERANZA – Il principio della progressività, il motivo per cui in determinati contesti permane l’obbligo di indossare la mascherina, ha una sua coerenza e validità scientifica, in quanto applicabile in qualsiasi direzione – valeva anche per l’inasprimento delle misure restrittive. Ecco perché il primo maggio non è stato un “Freedom Day”. L’obiettivo del Governo è un’estate libera dalle restrizioni. Il resto (le critiche al saggio ministro della Salute, il dichiararsi vittime di un imbroglio o di una dittatura), viene fatto oggetto di strumentalizzazione, come qualsiasi crisi.