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Usa, dai fondi di caffè la speranza per la cura di Parkinson e Alzheimer

È stata definita una delle sfide più complesse per il secondo Paese più longevo al mondo, qual è l’Italia. Una malattia che spaventa: l’Alzheimer. Parimenti il Parkinson. Malattie neurodegenerative per le quali non esiste una cura attualmente. La ricerca, però, non si arresta, ed è vicina a un punto di svolta. La speranza viene dai Quantum Dots di carbonio a base di acido caffeico, realizzati con gli scarti di una tazza di caffè, i quali si sono dimostrati promettenti nel trattamento dei disturbi neurodegenerativi. 

I ricercatori statunitensi hanno scoperto che questi farmaci a basso costo hanno contribuito a proteggere dagli effetti del Parkinson in esperimenti provetta quando la malattia era causata da un pesticida chiamato paracqua. L’auspicio è che lo stesso trattamento possa essere utilizzato anche per aiutare le persone nelle prime fasi della demenza, per evitare che la malattia progredisca ulteriormente. La conferma viene da Jyotish Kumar. “I Cacqd hanno il potenziale per essere trasformativi nel trattamento dei disturbi neurodegenerativi”, ha dichiarato lo studioso dell’Università del Texas a El Paso.

La mission: cercare una cura per Parkinson e Alzheimer

Lo stesso Jyotish Kumar ha chiarito che nessuno dei trattamenti attualmente in uso risolve le malattie. Si può soltanto gestire i sintomi. “Il nostro obiettivo è trovare una cura affrontando le basi atomiche e molecolari che guidano queste condizioni”. È importante intervenire nella fase iniziale dei disturbi. Che causati da fattori ambientali o da stili di vita, presentano caratteristiche comuni, come gli elevati livelli nel cervello di radicali liberi – molecole dannose note per contribuire ad altre malattie, anche tumorali. Ebbene, nello studio condotto si è dimostrato che i Cacqd sono stati in grado di rimuovere i radicali liberi o di impedire che gli stessi causassero danni, e che hanno inibito l’aggregazione dei frammenti di proteina amiloide senza causare effetti collaterali significativi.

La conclusione

Il team ipotizza che negli esseri umani, nella fase iniziale di una patologia come l’Alzheimer o il Parkinson, un trattamento a base di Cacqd possa essere efficace nel prevenire la malattia vera e propria. Per questo è fondamentale intervenire nella fase embrionale. Ovvero affrontare questi disturbi prima che raggiungano la fase clinica, perché non si debba essere costretti a fare il miracolo. Viene altresì sottolineata la peculiarità dell’acido caffeico. Che può penetrare la barriera emato-encefalica, al punto da esercitare i suoi effetti sulle cellule del cervello.