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Amnesty International: stop al trasferimento di armi a Israele

Le forze armate israeliane hanno utilizzato armi di fabbricazione statunitense per condurre attacchi illegali o per uccidere civili. Hanno fatto uso delle Joint Direct Attack Munitions (JDAM) e delle Small Diameter Bombs (SDB): lo denuncia Amnesty International nel rapporto che fornisce un resoconto degli incidenti avvenuti nella campagna israeliana contro i militanti di Hamas – nella Striscia di Gaza e non solo. Casi nei quali sono stati feriti o uccisi dei civili.

Il rapporto di Amnesty International

Gli incidenti sottolineano il modello generale di attacchi illegali da parte delle forze israeliane e il rischio estremamente elevato che armi di fabbricazione statunitense e altri materiali e servizi forniti al governo israeliano vengano utilizzati in violazione del diritto internazionale. È quanto si legge nel rapporto. Quanto sta avvenendo, dunque, secondo Amnesty International, dovrebbe essere indagato come potenziale crimine di guerra.

Il monito

“Il governo degli Stati Uniti deve sospendere immediatamente il trasferimento di tutte le armi e di altri articoli al governo israeliano fino a quando non sarà dimostrato il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani”. Lo stop va condiviso. Il rapporto di Amnesty International cita anche altri casi in cui le armi non sono state identificate o non erano di origine statunitense.

I numeri

Le autorità palestinesi affermano che più di 34mila persone sono state uccise negli attacchi aerei israeliani e nelle operazioni di terra successivi agli attacchi dei militanti dello scorso sette ottobre. La maggior parte delle quali sono donne e bambini. Va ricordato che gli Stati Uniti sono stati a lungo il principale sostenitore militare di Israele, fornendo più di 3 miliardi di dollari all’anno in aiuti alla sicurezza. Intanto proseguono i raid israeliani su Rafah. Per la cessazione delle ostilità c’è una convergenza, ha riferito all’agenzia Reuters una fonte diplomatica francese, ma permangono gli ostacoli sulla natura a lungo termine della tregua.

Genocidio a Gaza, quando le atrocità tendono a fare rima

“Quando Israele bombarda e spara ai civili, blocca gli aiuti alimentari, attacca gli ospedali e interrompe le forniture d’acqua, ricordo gli stessi oltraggi in Bosnia”. Così sulle pagine del Washington Post Peter Maass denuncia quanto sta accadendo ai danni del popolo della Palestina. “Quando le persone in fila per la farina a Gaza sono state attaccate – continua il giornalista e scrittore americano, reporter di crimini di guerra – ho pensato ai cittadini di Sarajevo uccisi in prima fila per il pane e ai responsabili che in ogni caso hanno insistito sul fatto che le vittime erano state massacrate dalla loro stessa parte”. Ciò è semplicemente inaudito. Rispondere alle atrocità con altre atrocità. Nella fattispecie, all’attacco del sette ottobre scorso portato dai combattenti di Hamas sui partecipanti del festival musicale Supernova e sugli israeliani uccisi nelle loro case, nel kibbutz di Kfar Aza.

La testimonianza diretta

Altro che caso “plausibile” di genocidio, come lo ha definito la Corte internazionale di giustizia: chi ha familiarità con i crimini di guerra non esita nel riconoscere quanto compiuto da Israele come un vero e proprio crimine, per la presenza di prove a sufficienza. Peter Maass ha seguito la guerra in Bosnia per il Post e l’invasione dell’Iraq per il New York Times Magazine. Sa pertanto quello di cui noi siamo a conoscenza solamente attraverso gli organi di informazione, tutt’altro che affidabili al 100 per cento, in ogni Paese, dittatoriale o democratico. Riportando anche un episodio toccante (un colpo di pistola letale su un’anziana che teneva per mano il piccolo nipote e una bandiera bianca), il reporter americano dichiara che gli attacchi avvenuti di giorno non sono stati accidentali. E non vanno sottaciute le atrocità, quando emergono. Né si può osservare la logica dell’occhio per occhio, dente per dente. Che il diritto internazionale non contempla.

I numeri del genocidio

Tredicimila bambini uccisi. E molti altri feriti. Case, scuole e ospedali in rovina. Insegnanti, medici e umanitari morti, tra i civili. Oltre ai 7 cooperanti uccisi a Gaza, “colpiti involontariamente” a detta del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. In sei mesi di guerra spaventosa le vittime palestinesi sono in totale oltre 33mila. Lo denuncia Hamas. E secondo il ministero della Sanità con sede a Ramallah, almeno altri 459 palestinesi, fatti oggetti di violenze, hanno perso la vita nella Cisgiordania occupata. Più di 359 le persone uccise in Libano, dei quali almeno 70 civili, riferisce l’Afp. A fronte di questi numeri, c’è da rivalutare il negazionismo in senso positivo: la Shoah non è stata nella storia l’unico genocidio, per cui si intendono gli “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso” (questa la definizione legale); e stilare una classificazione dei genocidi sarebbe ingiusto e pericoloso. Così Peter Maass rivela che la sua esperienza maturata sui crimini di guerra gli ha insegnato che essere ebreo significa opporsi a qualsiasi nazione che commette crimini di guerra.

Gaza, lo scenario è apocalittico. Ma non se ne può parlare

La denuncia era arrivata da Lynn Hastings. La quale aveva parlato di situazione apocalittica venutasi a creare a Gaza. La pronta risposta di Israele è stata la revoca del visto della donna, coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite. Il provvedimento si colloca nella condotta diffamatoria fatta di abusi verbali e intralcio al lavoro delle organizzazioni e dei funzionari Onu. Così, anche in questo modo, Israele dimostra totale disprezzo per le Nazioni Unite, per il diritto internazionale e per le vite dei palestinesi: lo dichiara l’ambasciata di Palestina in Italia.

Cosa sta accadendo a Gaza

Le truppe dell’esercito israeliano hanno circondato la città di Khan Younis con l’obiettivo di smantellare il centro di comando di Hamas nel Sud della Striscia. I bombardamenti si fanno martellanti: solo nelle ultime ore l’aviazione israeliana ha colpito circa 250 obiettivi nell’enclave. A essere presi di mira sono tunnel e pozzi sotterranei. Oltre a ordigni esplosivi e armi.

Una catastrofe umanitaria

Un milione di sfollati. A piedi o in motocicletta, stipati nei carretti, oppure ammucchiati sui tetti delle loro auto insieme ai bagagli, a fuggire verso Sud sono in migliaia. Il responsabile degli aiuti umanitari dell’Onu ha quindi parlato di situazione apocalittica riferendosi alla impossibilità di svolgere significative operazioni umanitarie. Colpa della campagna militare israeliana, che non si cura di proteggere i civili in fuga da Gaza.

Il bilancio delle vittime palestinesi ha raggiunto e superato quota 16mila. Tanti ne sono morti dall’inizio della guerra, dichiara Hamas – donne e bambini più del 70 per cento. Chi resta soffre anche la carenza di acqua potabile. Il quadro è aggravato dalle conseguenze della crisi climatica. Le falde acquifere, infatti, hanno risentito dell’innalzamento del mare e dell’acqua salata, riferisce la Banca mondiale. Crisi climatica e guerra sono quindi un connubio micidiale. Che non può essere ignorato dalla comunità internazionale.