Crisi climatica: la riprova che ci interessano solo i problemi di casa nostra

Incendi e devastazioni, precipitazioni intense e caldo record: in questi giorni non si parla d’altro che di clima, in piazza e tra i media. Di eventi meteo estremi dalle conseguenze catastrofiche. I riflettori sono calati su altre tragedie, contesti di crisi, sul piano nazionale e internazionale, come la guerra in Ucraina. E ancor meno si parla degli altri conflitti in corso – pensiamo a quello che sta insanguinando il Sudan, da oltre cento giorni. La dimostrazione che ci interessa ciò su cui abbiamo interessi di natura economica. Ora il clima, ora gli intrecci che legano l’Occidente e l’Europa all’Ucraina, alla Federazione russa.

Crisi in Sudan

Una guerra che ha superato i cento giorni. La pace appare ancora lontana in Sudan, dove cresce il numero delle vittime: i rifugiati nei Paesi confinanti sono oltre 740mila. Tanti gli sfollati. Dall’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) è arrivato l’appello per chiedere la fine dei combattimenti. Ma senza soluzione di continuità, l’escalation continua. A farne le spese sono soprattutto i bambini. Secondo quanto denunciato dall’Unicef, sono almeno 435 i piccoli uccisi, e più di duemila quelli rimasti feriti. Gli ospedali sono al collasso. Tanto che il 68 per cento delle strutture è stata costretto a sospendere il servizio, nelle aree più colpite. Il conflitto ha avuto inizio il 15 aprile scorso, ricordiamo. E vede contrapposti i due gruppi di membri del Consiglio di sovranità di transizione: l’esercito sudanese contro le Rapid Support Forces.

Quando la guerra diventa un problema

Più della violazione dei diritti umani, altro finisce dentro il dibattito… Il Sudan è il secondo Paese al mondo per esportazione di gomma arabica. Si tratta di una materia prima molto utilizzata nell’industria alimentare, cosmetica e farmaceutica. Il commercio di questa sostanza si è interrotto con la guerra. Alcune aziende internazionali, come quelle che producono Coca-Cola potrebbero risentire negativamente del deficit di gomma arabica, la quale può essere sostituita come ingrediente nella produzione di cosmetici, ma non in quella delle bevande gassate. Difficile ipotizzare la crisi di queste aziende. Ma quantomeno, il rischio ha acceso i riflettori su una guerra che potrebbe far collassare il continente intero, l’Africa. Allora sì che la questione ci interesserebbe.

Clima, dalle parole ai fatti

Un vizio tipicamente italiano è la gestione dell’emergenza. A catastrofe ormai avvenuta: poco o niente si fa nella prevenzione. Ci occupiamo dell’emergenza. E nel caso del clima, la comunità adesso è divisa tra fanatismo e negazionismo: tra quanti vorrebbero veder riconvertito il sistema produttivo economico, con la bacchetta magica, e coloro che non negano il cambiamento climatico (sarebbe folle), bensì la sua origine antropica. L’auspicio è che le posizioni trovino un punto di incontro e si mettano in campo soluzioni concrete e immediate nell’azione di contrasto al processo irreversibile del cambiamento climatico.