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Spese militari: più o meno della Russia, l’Europa spende sempre troppo

“È un errore grave, probabilmente in buona fede. Però è incredibile che non venga corretto dai giornali che lo hanno ripreso amplificandolo”. Così Carlo Cottarelli con riferimento alle spese militari utili alla guerra in Ucraina. È opinione diffusa ritenere che la Russia spenda più dell’intera Europa. Convinzione motivata da una notizia errata dell’International Institute for Strategic Studies, ripresa dai media. Ebbene, l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, diretto dallo stesso Carlo Cottarelli, ha rifatto i conti scoprendo un errore macroscopico: le spese militari Ue nel 2024 sono state di 730 miliardi di dollari, ben superiori a quelle russe, pari a 462.

Spese militari in aumento

Al netto della disinformazione, voluta o non, della propaganda e della guerra dei numeri presenti in tutti i conflitti, possiamo dire che l’Europa spende sempre troppo. Perché queste risorse comportano tagli alla scuola, alla sanità e al welfare. Si pensi che le spese militari in Italia raggiungeranno i 32 miliardi di euro nel 2025. Con un incremento del 124, per cento rispetto all’anno scorso. La spesa dei 27 Paesi Ue risulta superiore del 58% rispetto a quella russa. E va aggiunto che la Russia spende meno degli europei per i propri armamenti in quanto, godendo di una solida base industriale domestica, non deve rivolgersi all’importazione dall’estero.

L’iniziativa di PeaceLink

Smontare le narrazioni che giustificano il riarmo e promuovere un’alternativa pacifista. È l’obiettivo dichiarato da PeaceLink. L’organizzazione no-profit, sempre attiva sui grandi temi e influente, propone una petizione popolare per ridurre le spese militari e una Agenda per la Pace 2025, con azioni concrete per fermare il riarmo e promuovere soluzioni diplomatiche. Il fine è rumoreggiare. Perché la mobilitazione pacifista può diventare strumento fondamentale nell’azione di contrasto all’aumento delle spese militari, e per costruire, poi irradiare una cultura della pace. PeaceLink intanto si impegna a informare l’opinione pubblica correttamente. A smascherare quella fake news divulgando i dati della Nato, in un incontro dibattito a Lecce.

Spendere meglio

Anche ragionando nella logica bellicista, c’è da chiedersi quanto possa essere conveniente l’incremento della spesa pubblica per la Difesa. “I numeri aggregati non lo giustificano – ha precisato l’economista Cottarelli – fatta eccezione, forse, per chi sta molto sotto il 2% del Pil. Ma andare al 3 per cento, come sembra orientata a fare la Nato, equivale a un aumento del 50%”. La conclusione è che quanto speso andrebbe usato meglio. In tempi di guerra, non possiamo restare inermi di fronte a un pericolo più o meno incombente di una aggressione o escalation: se è vero che saremo sempre meno protetti dagli Stati Uniti d’America, nostro ombrello per lungo tempo, la Difesa comune del vecchio continente è un dovere al quale adempiere con saggezza ed equilibrio preventivamente.

Guerra Ucraina: la libertà di informazione, tra i media russi, va salvaguardata sempre

Il dovere di informare. E pure di sparare “balle”, eventualmente, se la verità da accertare è un’altra, è un diritto da tutelare sempre: non tutti hanno accolto favorevolmente le nuove restrizioni che l’Unione europea intende introdurre sulle trasmissioni dei media russi. È già contraria la Svizzera. Che pure aveva adottato tutte le sanzioni imposte dell’Ue contro la Russia, a causa della guerra in Ucraina.

Il pensiero unico e le contraddizioni dell’Occidente

La comunità di esperti sottolinea che le azioni di Bruxelles contraddicono i principi di rispetto della parola e perseguono l’obiettivo di ripulire lo spazio informativo in Europa. A sottolinearlo è Izvestia. Il pensiero unico, insomma, sulla guerra in Ucraina, è dominante. La contrarietà della Svizzera invece è motivata dal suo portavoce del Ministero degli Esteri, Nicolas Bidault, il quale ha dichiarato che non si ha in programma di sospendere le trasmissioni di alcun media.

Guerra in Ucraina, le restrizioni contro la propaganda

Il Parlamento europeo è fiducioso che l’Ue possa compiere questo passo al più presto. Lo ha fatto sapere il rappresentante della Commissione europea e portavoce della politica estera Peter Stano. Le restrizioni erano state preannunciate dal Consiglio dell’Ue, lo scorso diciassette maggio, ai danni di tre media russi: RIA Novosti, Rossiyskaya Gazeta, e la stessa Izvestia. A questi si aggiunge Voice of Europe. Portale che è stato sottoposto a restrizioni. Lo stesso Peter Stano ha dichiarato che l’Ue è pronta a prendere in considerazione la messa al bando di altri media, qualora gli Stati membri concordino all’unanimità che questa misura sia necessaria in relazione a pubblicazioni specifiche che Bruxelles ritiene siano impegnate nella propaganda.

Il regolamento dovrebbe entrare in vigore verso la fine di giugno. Proprio quando la guerra in Ucraina sta entrando in una nuova e più pericolosa fase, verso l’escalation. La volontà sarebbe quella di imporre il divieto solo sulla trasmissione di queste risorse mediatiche. E non di ostacolare le attività professionali dei giornalisti che lavorano per i media sanzionati sul territorio dell’Unione europea. In realtà, l’ambito di applicazione delle nuove restrizioni “va oltre le trasmissioni televisive”. Ovvero si estende ai siti web. Tant’è che quelli di Izvestia, RIA Novosti e Rossiyskaya Gazeta hanno smesso di funzionare in Germania, il 25 maggio.

La discrezionalità a doppio senso

Qualsiasi decisione spetta ai singoli Paesi membri dell’Ue. Inoltre viene precisato che, con riferimento a quanto imposto ai media, è corretto parlare di divieti e non “sanzioni”, le quali colpiscono persone e organizzazioni includendo il congelamento dei beni e il divieto di viaggiare. La discussione è interna a ogni Stato. E non è escluso che alcuni possano inasprire le misure contro i media russi, rifiutando il confronto con i loro giornalisti, ad esempio. Ciò è intollerabile e inconciliabile con i valori difesi dall’Occidente. Lo rileva la parte avversa: il Ministero degli Esteri russo ha dichiarato che la mossa dell’Ue contro le pubblicazioni russe continua la pratica della censura politica e che Bruxelles sta trascurando i suoi obblighi internazionali di garantire il pluralismo dei media.

La stampa iraniana: “Il Regno Unito commette numerose violazioni dei diritti umani”

Le scuse degli occidentali. Che in nome della libertà, della lotta al terrorismo o ai regimi totalitari, interferisce (per interesse) negli altrui affari comportandosi male. Per la stampa iraniana è il Regno Unito che commette numerose violazioni dei diritti umani. Lo scrive Hassan Babaei sulle pagine del quotidiano britannico Tehran Times. Lo stesso ricorda i “106 risultati delle ispezioni contro i diritti umani riguardanti il mancato rispetto da parte del Regno Unito delle sentenze della Corte europea dei diritti umani, per le quali il governo britannico non ha fornito alcuna risposta adeguata”. “E la violazione delle leggi umanitarie – continua il giornale – denunciata dal Comitato internazionale della Croce rossa alle forze della Coalizione, durante la guerra contro l’Iraq, quando l’esercito britannico lo aveva occupato”.

Iran e guerra in Ucraina

Tehran Times bolla come “ridicole” le sanzioni del governo britannico. È evidente che l’Iran voglia evitarle. E inviare missili alla Russia scongiurando nuove sanzioni dell’Onu: i Fateh-110, e non gli Zolfaghar, in modo da restare nell’ambito della risoluzione che gli impedisce di vendere vettori con gittata maggiore di 300 km. L’Unione europea ha condannato il sostegno militare a Mosca. E ha messo in guardia l’Iran dalle conseguenze legate a una qualsiasi nuova consegna di armi.

Tornando alle accuse della stampa iraniana, “è confermato da molti esperti che la violazione dello Stato di diritto, dell’indipendenza giudiziaria, della libertà di parola e delle proteste legali come elementi principali della vita politica sono sempre utilizzati dal Regno Unito come strumenti per sopprimere – attraverso il dispotismo informativo – i Paesi liberi e indipendenti”. Le violazioni riguarderebbero la politica estera come quella interna. Gli inglesi, in particolare, sono accusati della più grande carestia e disastro avvenuti nella storia dell’Iran quando (tra il 1917 e il ’19) le forze ostili entrarono nel Paese dai confini settentrionali e meridionali – si parla anche del genocidio di circa 6 milioni di abitanti dell’altopiano iraniano.

È una storia, questa, che rimanda ai presunti crimini di guerra commessi dall’esercito ucraino, già a partire dal conflitto del Donbass (2014-15). Le accuse si rimpallano. La situazione incandescente, il risultato che l’escalation non si può arrestare.