Non solo Medio Oriente e Ucraina. Di guerre è pieno il mondo, e un fronte che preoccupa non poco è quello apertosi nell’Africa Orientale. Una guerra da fermare prima che sia troppo tardi per intervenire. Il responsabile di una catastrofe imminente è Abiy Ahmed Ali con i suoi progetti discutibili e le sue mire espansionistiche: il primo ministro etiope vuole fare dell’Etiopia uno Stato costiero. Ne è ossessionato al punto da volere lo sbocco sul mare non solo con i negoziati ma anche attraverso l’uso della forza. Sebbene l’ex militare fosse stato insignito del premio Nobel per la Pace 2019, grazie alla sua iniziativa risolutiva del conflitto con la confinante Eritrea. Così nel Corno d’Africa la situazione è sempre più insostenibile. E pure gli europei dovrebbero guardarne gli sviluppi con sentimenti di preoccupazione.
L’obiettivo di Abiy Ahmed nel Corno d’Africa
Tra i cinque Paesi costieri confinanti con l’Etiopia il più debole è la Somalia, che per trent’anni è stata oggetto di una devastante guerra civile: lo scorso primo gennaio Abiy Ahmed, che ricordiamo in visita a Roma per la Conferenza Italia-Africa, aveva firmato un memorandum d’intesa con il presidente del Somaliland per il riconoscimento della stessa repubblica separatista in cambio di una base navale di 12 miglia nel Golfo di Aden. La Somalia però si è opposta lanciando un’offensiva diplomatica per dimostrare il tentativo di controllare con mezzi illegali il territorio somalo. Dalla sua parte, le Nazione Unite, gli Stati Uniti e l’Unione europea, oltre all’Unione africana hanno riaffermato il principio della sovranità nazionale e la necessità di rispettare i confini stabiliti. Ma il primo ministro etiope non ha ceduto.
Una polveriera dagli effetti imprevedibili
Le pressioni internazionali non hanno avuto esito positivo. Non quella esercitata dall’amministrazione Biden, che ora pensa alle elezioni presidenziali, alle guerre in Medio Oriente e in Ucraina, più che al Corno d’Africa. Così la Somalia deve fare i conti con un’insurrezione estremista. Anche Abiy Ahmed attende di conoscere chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti. Le tensioni crescono, intanto, nelle ultime ore, in tutta la stagione estiva: per due volte l’Etiopia ha mandato le sue truppe in Somalia, noncurante delle proteste andate in scena al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. A sostegno del Paese ci sono la Turchia e l’Egitto. Ma la mediazione di Ankara non è riuscita.
La guerra avrebbe un impatto devastante sia per la Somalia che per l’Etiopia, con il coinvolgimento della comunità internazionale, in particolare degli Stati del Mar Rosso: dalla Russia agli Usa passando per l’Europa e la Cina gli interessi in gioco sono multipli – la strategicità della zona metterebbe in pericolo il commercio. Tanti i soggetti che potrebbero intervenire con l’aggiunta dei gruppi terroristici. Le comunità, però, non hanno ancora percezione di quanto potrebbe accadere: di questa crisi si parla poco o nulla.