The day after. L’Italia è scossa per la mancata qualificazione della nazionale ai Mondiali del Qatar: siamo stati buttati fuori da una squadra modesta, al termine di una partita sterilmente dominata. È chiaro che i drammi sono altri. Non dovremmo nemmeno parlarne, se non nella logica della ripartenza, della rinascita, del ritorno alla normalità. Il processo è inevitabile. Ma comunque la si possa pensare, il commissario tecnico Roberto Mancini, ex fantasista in campo, resta un fuoriclasse. Perché è riuscito in una doppia impresa nella quale non era arrivato nessun altro: dopo il meraviglioso Europeo conquistato la scorsa estate, successo per il quale avremmo meritato di accedere di diritto ai prossimi campionati mondiali, è riuscito a perdere persino con la Macedonia del Nord, in casa. A non farci vedere i Mondiali per la seconda volta consecutiva, dopo il fallimento di Giampiero Ventura, che addirittura potrebbe essere riabilitato. È inutile adesso accanirsi nella ricerca del vero responsabile. È colpa del comandante della nave, dei giocatori scesi in campo, dei due rigori sbagliati da Jorginho contro la Svizzera, delle primedonne che non andrebbero strapagate; degli interessi imprenditoriali che governano il campionato, la seria A, a discapito della nazionale; delle riforme mai attuate. La porta ieri sera era stregata. La fortuna, negli ultimi mesi, ci ha voltato le spalle. Così hanno voluto gli dèi, il fato. Il gruppo di Mancini merita riconoscenza, in ogni caso. Non applausi: il danno è grosso, fatto a un’intera comunità, che ha il dovere di sognare, di distrarsi. Il disastro sportivo della nazionale di calcio riflette la grande illusione vissuta dal Paese nell’ultimo anno: siamo passati dall’euforia post lockdown, dalla ripresa economica del post Covid, alla recrudescenza del virus mai domato, ai guai connessi ad una guerra insensata.
Per la cronaca, la nazionale tornerà in campo martedì prossimo ventinove marzo, contro la Turchia, per una sfida amichevole già programmata. La vita va avanti.