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“Ragazzi di vita”, l’evoluzione della prosa narrativa pasoliniana

Omaggio all’autore nel centenario della nascita

di Stefania ROMITO

Verso il 1955 si vanno concentrando molti nodi importanti nella storia della nostra letteratura recente. Che ci sia un’ansia di aggiornamento e di revisione risulta chiaro dal sorgere di molte riviste tra cui “Officina” che, condotta da Pasolini, costituirà la sede più viva di discussione dei rapporti tra politica e cultura. Nel 1956 inizia le pubblicazioni “Il Verri” di Anceschi che terrà a balia i primi vagiti delle neoavanguardie italiane. Del resto, il 1956 rappresenta uno spartiacque dal punto di vista politico e ideologico. L’anno in cui Pasolini pubblica Ragazzi di Vita è un anno-limite, in cui una certa tradizione letteraria  gioca le sue ultime carte e in cui si comincia a intravedere un orizzonte nuovo.

L’abbozzo preparatorio di Ragazzi di vita sarà pubblicato nel volume Alì dagli occhi azzurri, nel quale ci accorgiamo che il modo della prosa pasoliniana si è andato evolvendo. Nei primi brani la figura del narratore è presente come personaggio e tutta la vicenda viene filtrata attraverso i suoi occhi. Avvicinandosi alla stesura del romanzo, lo spazio occupato da Pasolini-personaggio si va restringendo fino a scomparire del tutto nell’ultimo abbozzo intitolato “Dal vero”. Qui i ragazzi di vita vengono lasciati soli dal loro scopritore.

Due capitoli saranno pubblicati in anteprima su “Paragone”. Il primo (Ferrobedò nel ’51) e il quarto (Ragazzi de vita, nel’53). Il caitolo del ’51 presenta diversi cambiamenti: il protagonista non è contrassegnato da un soprannome  (Riccetto) ma da un nome proprio (Lucià). Inoltre la trascrizione del dialetto appare meno accurata.

Il capitolo del ’53 è molto simile alla versione definitiva. Rimane una certa auto-censura che elimina alcune parolacce. Molti critici hanno affermato che non si può parlare di romanzo, ma di una serie di racconti a se stanti. In realtà l’intreccio si presenta assai complicato e non lineare. Si potrà parlare di una struttura ad episodi, i quali vengono collegati con procedimenti romanzeschi

Pasolini provvede al movimento del suo mondo con un artificio che dà il via all’azione e la riporta, al termine dell’episodio, al punto di partenza. È l’altalena tra appropriazione e perdita del denaro, in cui i personaggi vengono sospinti dagli istinti primari (fame, sesso) e in cui esercitano le loro capacità di furbizia e di crudeltà, salvo poi mostrare la loro faccia sprovveduta e ingenua quando il denaro, ricavato dal furto, viene sottratto da altri più agguerriti.

Questo schema si ripete in tutti i capitoli. Per rompere la monotonia, Pasolini inserisce una molla di azione: le tragedie e le sciagure che dall’esterno colpiscono i personaggi. Questi drammi servono a variare la composizione del cast facendo scomparire alcune figure e consentendo l’introduzione di nuovi elementi. La stessa fine della vicenda è realizzata con l’ausilio di una disavventura fatale di cui sarà vittima il piccolo Genesio.

Il centro della città è una specie di terra di conquista e di saccheggio in cui i ragazzi di vita si avventurano alla ricerca del denaro e dell’avventura. I personaggi servono a Pasolini come strumenti per spostare il suo obiettivo su nuovi aspetti di questa contraddittoria collettività. Ciò non toglie che il romanzo possieda un protagonista che funge da filo conduttore, Riccetto, al quale Pasolini conferisce una evoluzione interiore.

Pubblicato su oraquadra.info