Qualcuno la reintrodurrebbe. La invoca per reati abominevoli, come lo stupro e l’uccisione di una donna; ma la pena di morte non può salvare il mondo, né avere alcuna utilità giuridica. Alimenta solamente la sete di vendetta scambiata per giustizia. Anacronistico, o forse no, mantenerla (la logica dell’occhio per occhio è sempre imperante, in tempi di guerra), l’ultimo ad essere stato giustiziato in Texas è il 41enne Ramiro Gonzales: alle 18.50 di mercoledì scorso ventisei giugno, l’uomo è stato sottoposto a iniezione letale nel penitenziario statale di Huntsville, ed è morto nel giro di un minuto.
L’abominio
I fatti risalgono al 2001. Allora Ramiro Gonzales si rese colpevole del rapimento e della morte della 18enne Bridget Townsend: il sequestro avvenne in una casa di campagna nella contea di Bandera. Dopo essere stata abusata la giovane fu uccisa. Solamente nell’ottobre del 2002 i suoi resti furono ritrovati grazie allo stesso killer, che aveva già ricevuto due ergastoli per aver rapito e violentato un’altra donna. Nel 2006 la condanna a morte: inutile la difesa dei legali, in appello dinanzi alla Corte Suprema, i quali cercavano di dimostrare come la non più pericolosità dell’individuo, e la buona condotta: il suo impegno nella fede cristiana, e la dedizione verso gli altri detenuti – anche i tentativi di donare un rene a uno sconosciuto. Con il voto di 7-0 il Texas Board of Pardons and Paroles si è rifiutato di concedergli la clemenza.
Il pentimento di Ramiro Gonzales
Non sappiamo se fosse sincero. Ma, consapevole del dolore causato, in più occasioni Ramiro Gonzales si era scusato con la famiglia Townsend. Dichiarando di aver continuato a vivere al meglio delle sue possibilità, per la restituzione, il ripristino, l’assunzione di responsabilità. E di non aver mai smesso di pregare per il perdono. Che non ha mai ricevuto.
La reazione della famiglia
“Abbiamo finalmente assistito alla giustizia. Questo giorno segna la fine di un lungo e doloroso percorso per la nostra famiglia: per oltre due decenni abbiamo sopportato un dolore e uno strazio inimmaginabili”. Queste le parole del fratello della vittima David Townsend alla notizia dell’esecuzione avvenuta. Uno sfogo di certo comprensibile, che non tiene conto della funzione rieducativa della pena, e della sacralità della vita.
La pena di morte nel mondo
Più di mille esecuzioni (1153) in 16 Paesi. Uccisioni avvenute soprattutto in Cina, poi in Iran, Arabia Saudita, Somalia e Stati Uniti. È la fotografia scattata da Amnesty International riferita all’anno scorso. La stessa organizzazione, sempre ferma nell’opporsi incondizionatamente alla pena di morte, precisa che sono state registrate 508 esecuzioni solo per reati legati alla droga. Alla fine del 2023, 112 Paesi erano completamente abolizionisti e 144 in totale avevano abolito la pena di morte nella legge o nella pratica. Vige ancora in un Paese civile e democratico e potenza guida come gli Stati Uniti.