Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; maschio e femmina li creò. Recita così la Genesi al capitolo 1 versetto 27. E non c’è niente di più chiaro della Sacra Scrittura, caratterizzata da un linguaggio semplice e insieme potente. Gli uomini invece non hanno niente a che fare con la semplicità o la complessità delle cose. Nemmeno in materia di diritto. In quel complesso, la legge, che pure dovrebbe rispondere ai principi di tassatività e determinatezza. Ce lo ricorda Carlo Nordio introducendo “Nessuno può definirci”, il libro di Anna Monia Alfieri e Angelo Lucarella, edito da Aracne. L’argomento è il famoso Ddl Zan titolato Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Al riguardo, l’opuscolo che riporta fedelmente il testo in ogni articolo, contiene analisi e riflessioni giuridiche. Nella prima parte Angelo Lucarella si interroga sulla liceità del definire per legge quegli aspetti che appartengono alla sfera più intima della persona. Ad ogni modo, a parere dell’avvocato martinese, appassionato del diritto e lucido pensatore (dal 2020 vicepresidente della Commissione Giustizia del Ministero dello Sviluppo economico), non c’è bisogno di normare ciò che è già principio universale. Sarebbe anzi pernicioso in termini di autorevolezza e credibilità delle Carte costituzionali. Va ricordato che il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, la razza o la religione, è già sancito dall’art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.
Il ddl Zan verrà ridiscusso a settembre dopo la rissa andata in scena al Senato. Qualora fosse approvato, quali ricadute avrebbe? Il disegno di legge non convince suor Monia. La coautrice di Nessuno può definirci, infatti, allineandosi alla posizione di Angelo Lucarella evidenzia la presenza delle protezioni giuridiche già offerte dal nostro ordinamento aggiungendo che quando la legge precisa con eccesso di tutela, in realtà discrimina introducendo categorie. Nessuna norma inoltre potrà mai arrestare l’esercizio della discriminazione. Nessuna legge, secondo la religiosa, potrà colmare il vuoto di pensiero, che “a volte si rivela una voragine”. E qui si innesta la dimensione didattico-educativa. Che dovrebbe essere prerogativa della famiglia, e non dello Stato o della scuola. Quest’ultima invece verrebbe chiamata in causa attraverso giornate e iniziative, al rischio di favorire l’indottrinamento e il pensiero unico.
A parer degli autori, il Ddl Zan va rivisto in considerazione dei conseguenti contrasti sociali e giuridici. Va considerata inoltre la congiuntura storica. Ovvero che ci sono altre priorità alle quali guardare oggi, in un Paese non affatto omofobo, dove la stragrande maggioranza della popolazione crede nella cultura del rispetto, non nella discriminazione. E non perché glielo imponga il legislatore.
(Articolo pubblicato su “Lo Jonio” nr 197)