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Covid, l’addio alla mascherina va festeggiato come la fine della pandemia

Una notizia che non deve passare sottotraccia: tra pochi giorni scadranno le ultime restrizioni usate nell’azione di contrasto al virus terribile. Anche negli ospedali si potrà fare a meno della mascherina. Il 30 aprile, infatti, sarà l’ultimo giorno in cui non si potrà accedere alle strutture sanitarie senza indossare sul volto lo strumento protettivo, che nel pieno della pandemia ha salvato tante vite. E successivamente lo ha fatto nell’azione sinergica con il vaccino anti Covid. L’auspicio è di ritardare il più possibile l’arrivo di una nuova inevitabile pandemia, evento che si ripete nella storia.

Abbiamo atteso a lungo la luce in fondo al tunnel. Quando la televisione pullulava di virologi, esperti che studiavano l’andamento della curva epidemiologica, e il principio della gradualità ispirava le azioni del Governo nell’allentamento delle restrizioni. Rischiamo di non vederla adesso, la luce in fondo al tunnel, perché presi da altre preoccupazioni, come il vicolo cieco della guerra in Ucraina. L’addio alla mascherina va festeggiato come la fine della pandemia. O quantomeno il ridimensionamento forte della malattia, ospite che resta sempre sgradito, col quale bisogna convivere: l’Europa sta andando in questa direzione, con l’abbattimento delle ultime restrizioni, cadute già in Germania e in Portogallo, nei giorni scorsi. Il ritorno alla cosiddetta normalità significa potersi guardare in faccia e cercare l’altrui volto.  Cercare e non temere più le folle.

Sappiamo bene che ospedali, studi medici e strutture di riposo per anziani erano gli ambienti più a rischio per la circolazione e la trasmissione del virus. Il pericolo persiste finché l’Organizzazione mondiale della sanità non dichiara la fine della pandemia – potrebbe avvenire nei prossimi mesi. Caduto l’obbligo, l’utilizzo della mascherina sarà opportuno in particolari situazioni: nei reparti di Pneumatologia, o in strutture che assistono pazienti molto fragili, come i malati oncologici. Sui casi specifici potrebbero essere i direttori sanitari a decidere.

L’inutile pressing dei sindaci sull’obbligo della mascherina all’aperto

“Se ci fosse un provvedimento nazionale, come abbiamo spiegato al Governo, sarebbe tanto di guadagnato, perché daremo un segnale unico all’intero Paese”. Così Antonio Decaro ha invocato l’obbligo della mascherina all’aperto. L’obiettivo è ridurre la circolazione del virus, nelle ore in cui i contagi aumentano, unitamente alla preoccupazione per la “Omicron”, per la quale i ministri della Salute del G7 richiedono un’azione urgente – l’allarme è stato comunque ridimensionato dalla scienziata Angelique Coetzee, che parla di sintomi lievi indotti dalla nuova variante. In Italia i sindaci stanno facendo pressing sul Governo perché lo stesso valuti l’opportunità di rendere obbligatorio l’uso della mascherina all’aperto su tutto il territorio nazionale, dal 6 dicembre al 15 gennaio. Lo fa sapere il sindaco di Bari e presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) guardando ai giorni nei quali le strade cittadine vanno riempiendosi di gente. L’obiettivo, per quel periodo coincidente con le festività natalizie, è aumentare le restrizioni, per chi non ha fatto il vaccino particolarmente. Secondo lo stesso Decaro, usare la mascherina anche all’aperto significa abbattere significativamente (“almeno del 50 per cento”) la possibilità di diffondere il virus.

Premesso che la prudenza non è mai troppa, c’è da interrogarsi sull’utilità della proposta, diventata già realtà in diversi comuni, nei centri storici. Servirebbe veramente? Se c’è qualcosa che abbiamo imparato in questi quasi due anni di convivenza col virus maledetto è che per essere contagiati bisogna essere a contatto stretto e piuttosto prolungato con la persona infetta: al netto della straordinaria contagiosità di questa o di qualsiasi altra variante, appare altamente improbabile che, incrociando in strada una persona positiva al Covid, un individuo (peraltro vaccinato) possa essere contagiato in una frazione di secondo. Altro discorso ovviamente è l’assembramento. Quelle condizioni di stazionamento, nelle quali il Covid può trovare in effetti terreno fertile. Più dell’obbligo generalizzato della mascherina all’aperto, sarebbe opportuno affidarsi al buonsenso. Ovvero cautelarsi anche laddove non interviene la legge. Nel contenimento della circolazione virale, che in Italia resta più bassa rispetto agli altri Paesi Ue, è bene intervenire e investire nei luoghi al chiuso: assicurarsi che il green pass venga controllato ad ogni ingresso, potenziare la rete dei mezzi di trasporto; mettere in sicurezza il mondo della scuola, dove aumentano i focolai, per l’assenza di distanziamento. Magari far rispettare l’obbligo della mascherina nei palazzetti e negli stadi, dove abbondano le strette di mano e gli abbracci. Ma almeno, quando siamo a passeggio su una strada pressoché deserta, ci sia concessa la libertà di respirare l’aria assaporando anche l’odore del freddo senza avere indosso quella museruola tanto odiosa quanto benedetta.

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