Libertà di stampa e opera di denuncia. Due prerogative che dovrebbero appartenere al giornalismo indipendente, libero, come quello di Fanpage, capace di non guardare in faccia a nessuno nel fare il proprio lavoro. La testata online ha firmato una video inchiesta sui fondi della Lega denominata Follow The Money. Che realizzata da Backstair (team investigativo composto da Carla Falzone, Sacha Biazzo, Marco Billeci e Adriano Biondi), evidentemente non è piaciuta a tutti: il Tribunale di Roma vuole sequestrare e oscurarne i contenuti. Si tratta di un provvedimento che rimanda a pratiche mai utilizzate in Italia – denuncia la stessa Fanpage – che limita la libertà di stampa e che ci riguarda tutti. L’inchiesta è incentrata sui 49 milioni di euro di rimborsi elettorali ricevuti illecitamente dalla Lega. E su una intercettazione, ripresa da una telecamera nascosta: quanto pronunciato sul comandante generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana, dall’ex sottosegretario all’Economia Claudio Durigon. Il quale diceva a un suo interlocutore che non bisognava preoccuparsi dell’inchiesta della procura di Genova su quei fondi perché il Generale della Guardia di Finanza “l’abbiamo messo noi”. I soldi sarebbero stato ottenuti in maniera fraudolenta dalla Lega, tra il 2008 e il 2010; degli stessi, però, non c’era traccia, al momento della confisca, nei conti correnti del partito.
Per il giudice sussistono le “esigenze cautelari in ordine al concreto pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per il quale si procede, nonché il pericolo di perpetuazione ed aggravamento degli effetti dannosi del reato in considerazione della diffusività della pubblicazione di notizie diffamatorie tramite siti internet e ciò anche in considerazione delle non chiare e verosimilmente illecite circostanze nelle quali è captata la conversazione dell’onorevole Durigon all’insaputa dello stesso”. Questo quanto si legge nel decreto del Tribunale di Roma. Per lo stesso “sussistono gravi indizi in ordine alla sussistenza dei reati” ipotizzati nella querela depositata proprio da Zafarana il 28 luglio scorso. L’ordine di sequestro è arrivato dal Giudice per le indagini preliminari di Roma Paolo Andrea Taviano; il decreto, notificato nelle scorse ore nella redazione di Fanpage.
L’auspicio è che la vicenda possa concludersi senza produrre danni ulteriori. Conosciamo la professionalità di Fanpage, autrice di inchieste importanti, quanto pericolose. E sebbene possa commettere errori (in sensazionalismo magari spesso eccede), al netto dei contenuti dell’inchiesta in questione, non si può oscurare un contenuto giornalistico. Non si può, è inammissibile farlo preventivamente in un Paese dove vige la democrazia e la Costituzione, per il presunto reato di diffamazione, prima che sia accertata la verità. La conferma viene dalla Suprema Corte di Cassazione. Peraltro, non si può procedere contro ignoti, quando gli autori dei servizi e il direttore sono noti: gli stessi, non indagati, non possono difendersi, in questo modo.