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Una storia di resilienza e di passione autentica

Inaugurata a Taranto la “Ciclofficina Conte”, il primo servizio a domicilio per la riparazione delle biciclette

“Io la bicicletta la sento con le mani”. Così Armando Conte prova a definire il rapporto che ha con la bici da corsa: per pedalare serve la parte inferiore del corpo, ma non solo. Soprattutto se in bicicletta ci vai da tanti anni – più di venti. Serve ogni organo. Lui (tarantino, classe 1984) l’ha conosciuta nell’estate del ’98, ai tempi del ciclismo pre-moderno, quando le gesta ineguagliabili del Pirata Marco Pantani facevano innamorare di questa disciplina tanti sportivi; non l’hai mai lasciata salvo prendersi delle pause. Adesso ha aperto una ciclo officina a Taranto. Il negozio si trova in viale Magna Grecia 69, ma è mobile, itinerante. Armando è il primo a offrire un servizio a domicilio nella città che vuole fare della mobilità sostenibile e della cultura della bicicletta un vettore di crescita. Avendo viaggiato e soggiornato al di fuori della città dei due mari, il ciclista ha avuto modo di formarsi, di accrescere il proprio bagaglio di conoscenze, e di mettere al servizio della comunità ionica le proprie competenze. Ha un trascorso da agonista tra le file del Gruppo sportivo “Marangiolo Taranto”. Fisico da scalatore, lunghe leve adatte anche a fare il ritmo quando la strada non pende, ha conosciuto la vittoria, le sconfitte, i momenti di prova. Una pedalata agile che conserva quando rimonta in sella ed è lontana la forma migliore.

Ha provato ad uscire dal suo mondo occupandosi d’altro: si è dato alla ristorazione, aveva una pucceria nel cuore di Taranto, prima di tornare tra le due ruote dedicandosi alla officina e vendita con “South Bike”, esperienza chiusa nel pre-pandemia. Ma il richiamo della bici è sempre più forte. Quella ce l’hai nel sangue, ti scorre nelle vene, e non la puoi sostituire. Per anni è stata la sua fedele compagna, con la quale uscire ogni giorno, con qualsiasi condizione meteorologica, sotto la pioggia o sotto il sole cocente dei primi pomeriggi di luglio o agosto: allenamenti e gare, migliaia di chilometri macinati con metodo, ad acqua e banane, la salita come il pane. Lei non lo ha mai tradito. In corsa non è mai finito a terra il corridore, che sembrava avere le antenne. Sapeva fiutare il pericolo. L’amore per lo sport, inteso come ricerca del benessere e sana competizione è rimasto intatto, al riparo da ogni esasperazione. La cura adesso è offerta a chi possiede una bicicletta attraverso il servizio a domicilio per le riparazioni del mezzo. Qualsiasi tipo di bicicletta (da città, da bambino, da corsa, mbt), monopattini ed anche carrozzine per invalidi.

La Ciclofficina Conte, inaugurata nella serata di mercoledì scorso, rappresenta allora un ulteriore punto di svolta nella vita professionale di chi ha scelto di restare nella propria terra, a beneficio dell’intera comunità ionica. Un’attività che può nascere solo dalla passione. E con la stessa, con perseveranza, va fatta crescere. 

Turismo, il personale che non si trova: la colpa è degli sfruttatori

Gli stranieri fanno il lavoro che gli italiani non vogliono fare. O meglio, lo fanno alle condizioni che i nostri connazionali ritengono di non dover accettare: paghe misere, alloggi non idonei, ore di servizio interminabili. Così, nel comparto turistico, si fa necessario il ricorso al personale straniero, quest’anno. E questo, per il ministro del Turismo Massimo Garavaglia, rappresenta un paradosso. Il ministro “dà i numeri” senza tentare di avventurarsi in una disamina più profonda, nella ricerca delle ragioni che stanno alla base del diniego tra i giovani e meno giovani aspiranti al lavoro, inteso (ancora) come strumento di dignità. “Al comparto turistico mancano tra le 200mila e le 300mila figure lavorative. Un paradosso se si pensa che il Paese paga un tasso di disoccupazione al 9%”, ha detto intervenendo al video-forum 2021 sul cantiere delle riforme del Governo Draghi per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza organizzato da ItaliaOggi, rilevando inoltre l’imminenza della stagione invernale, concomitante con le tante richieste pervenute per far partire il decreto flussi al più presto. Già, perché in tanti vorrebbero raggiungere per motivi di lavoro lo Stivale, mentre gli italiani vogliono beneficiare delle infrastrutture per fare le vacanze; altrettanti badano ai loro affari, agli interessi legittimi personali, tra un’ondata di contagi Covid e l’altra, senza troppo curarsi dei diritti fondamentali di ogni lavoratore ed essere umano. Rifiutare il lavoro (quello sì) è un paradosso. Perché, alle giuste condizioni, nobilita l’uomo riempiendogli l’esistenza.

Reddito di cittadinanza – La misura rifinanziata con 200 milioni di euro dal Governo Draghi si colloca nell’azione di contrasto alla povertà. Ovvero all’esclusione sociale e alla disuguaglianza, per mezzo del sostegno economico, provvisorio: l’obiettivo è, resta, il reinserimento lavorativo di quanti beneficiano dell’integrazione al reddito da nucleo familiare. Ma quale lavoro costoro dovrebbero trovare e poi accettare? Se destinati ad essere sottopagati, bene fanno a continuare ad intascarsi il Rdc, utile anche a combattere la precarietà, il sistema di sfruttamento vero e proprio retto dalla spremitura della manodopera. Che avviene nel comparto del turismo e non soltanto. I nodi da sciogliere sono tanti. La stessa misura va nella direzione del ridimensionamento: la stretta voluta sul Reddito di cittadinanza, al fine di migliorarlo, potrebbe prevedere decurtazioni da 5 euro al mese, a partire dal sesto di inattività. Se non la revoca del beneficio qualora la proposta di lavoro venga rifiutata. Gli strumenti cambiano, la questione di fondo resta immutata da anni. La comunità europea ci potrebbe dare una mano: l’Italia si dovrebbe adeguare agli standard globali che accettano i Paesi più civilizzati. Si pensi alle politiche sociali avviate dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Laddove si ritiene congruo, dignitoso, un salario minimo di 15 dollari all’ora, utile a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori americani.