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L’arpista salita sul tetto del mondo: Claudia Lamanna

Ad ascoltarla a occhi chiusi, per non lasciarsi distrarre dal suo aspetto, che è incantevole, si viene traghettati in una dimensione altra e nuova. A costo di sconfessarla, con irriverenza non voluta: per lei l’arpa è uno strumento potente e molto pop, tutt’altro che angelico; ma le sensazioni che sa regalare sono di vario tipo, chiarisce meglio in questa intervista. Le immagini, pure. Gli occhi si riaprono nell’ascolto, perché la Bellezza, il talento, richiedono la comprensione con tutti gli organi di senso. Raggiungere Claudia Lamanna è più facile di quel che si possa credere. Le sue dita danzano sulle corde in modo incessante. E più lavorano più non conoscono la fatica, quelle mani, restano delicate, non si appesantiscono. Riannodano il filo della memoria personale e collettiva.

Reduce dal trionfo all’International harp contest, lei è stata celebrata come l’arpista più brava al mondo: che effetto le fa ricevere tanti complimenti?

“È sempre bello ricevere l’affetto da parte di tutti coloro che apprezzano la mia arte. Ciò rappresenta l’appagamento per tutto l’amore e la dedizione che rivolgo alla musica quotidianamente”.

L’arpa intesa come prolungamento del corpo, ovvero dell’anima di chi la suona, quanto riflette della emotività e di ciò che sfugge al nostro controllo?

“Il mio strumento è capace di infondere una vasta gamma di emozioni in chi lo ascolta, che vanno da un piacevole senso di serenità o allegria a una dimensione di profondo turbamento o tristezza, da una sensazione di elegante delicatezza a un effetto di vigorosa potenza… Il mio compito è quello di fungere da tramite nella trasmissione di questa molteplicità di stati d’animo”.

Nella sua intensa attività concertistica, avviata presto per tutto il mondo, quale palco le ha dato maggiori soddisfazioni ed emozioni?

“A caldo direi l’Auditorium di Akko, dove si è svolta la finale del concorso in Israele, sia per il bellissimo repertorio eseguito (il Concerto per Arpa e Orchestra, Op. 74 di Reinhold Glière), sia per il felice epilogo della serata. ovviamente ho tanti altri emozionanti ricordi in molte altre sale, legati soprattutto al calore del pubblico”.

Uscendo dalla austerità del suo nobile mondo, c’è magari un aneddoto, un episodio divertente che ricorda?

“Sfatando un po’ il mito dell’austerità del mio mondo, tra i diversi aneddoti nella mia quotidianità, molti di questi sono connessi alla mia professione. Al momento, me ne viene in mente uno legato alla mia ultima esperienza in Israele, dove un tassista non parlava in inglese e non riusciva a capire la destinazione neanche dopo avergliela mostrata per iscritto, poiché in caratteri latini. Alla fine, dopo un brevissimo momento di smarrimento, ho risolto convertendo la destinazione in alfabeto ebraico tramite Google Translate”.

Che rapporto ha con la sua terra natia, con la Puglia?

“Il mio legame con la Puglia è molto forte, sebbene abbia vissuto per diversi anni all’estero. Mentre ero fuori, tornavo con piacere a ritrovare i luoghi a me cari, ogni qualvolta mi era possibile”.

Quali sono i suoi prossimi impegni?

“Nell’immediato, il mio prossimo impegno è previsto per il 30 aprile, quando suonerò il Concerto per Arpa e Orchestra, Op. 74 di R. Glière con l’Orchestre National de Cannes, diretta dal Maestro Kaspar Zehnder, nell’ambito del Festival Classic’Antibes. A seguire, ci saranno altri concerti in Italia e all’estero”.

(Pubblicato su “L’Adriatico” nr 143)