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Inno all’Orchestra del Festival di Sanremo

Senza di loro lo spettacolo non potrebbe avere luogo. Non come lo intendiamo: hanno accompagnato gli artisti nelle cinque serate di gara, la Musica, le canzoni, le emozioni e gli umori facendo da cassa di risonanza. Ovvero compartecipando all’opera della Creazione sul palco. Sono le donne e gli uomini dell’Orchestra del Festival di Sanremo. Professionisti appassionati, instancabili. Tra questi, la scorsa settimana, c’era Doriana Bellani. Che conserva un legame speciale con la città di Taranto. Pure quello con il famosa kermesse canora è collaudato: per l’undicesima volta la violinista lombarda di Sant’Angelo Lodigiano ha fatto parte dell’orchestra sul palco dell’Ariston.

Come è andata?

“Premesso che ogni singola esperienza ha emozioni a se stanti (cambiano gli artisti, i conduttori e il modo di condurre), quest’ultima è stata particolarmente emozionante. Il Festival è stato segnato dal Covid per il secondo anno. Stavolta, però, la presenza del pubblico in sala ha dato l’idea della ripresa, della rinascita. Il protocollo Rai era molto rigido: avevamo tamponi ogni 48 ore, facevamo vita di clausura, in pratica, passando dall’albergo al teatro con una ridotta vita sociale. Però, portando a termine un grande lavoro, abbiamo capito l’importanza di stare uniti: per arrivare alla meta, questo ci ha aiutato tanto”.

Artisticamente, a suo parere, che Festival è stato?

“A me è piaciuto. Negli ultimi anni ho visto l’evoluzione del Festival, l’inserimento del rap, delle nuove generazioni. Sono rimasto sorpresa da questi giovani che hanno tanto da dire, da raccontare, e che sanno emozionare”.

Ritiene giusto che il Festival della canzone italiana, che il classicismo di cui dovrebbe connotarsi vada incontro alle contaminazioni e alla innovazione sul palco?

“Il Festival deve coprire tutte le generazioni. Deve essere soggetto a evoluzione, altrimenti finirebbe per essere, potremmo dire, ghettizzato dalle nuove leve. È giusto che abbracci tutti ma con una prospettiva sul futuro. Così, quest’anno, è stato bello vedere tre generazioni rappresentate. È stato bello vedere un Gianni Morandi vincere la serata delle cover, e finire sul podio; è stato bello vedere una Elisa, professionista navigata che potrebbe fare la super ospite, mettersi in gioco dando valore e importanza a questo Festival giocandosela con due giovanissimi, Mahmood e Blanco per la vittoria finale”.

Voltiamo pagina, ma nello stesso ambito, in tema di emozioni e di gratuità. Lei recentemente è stata a Taranto…

“Sì, alla Cittadella della Carità, nell’ambito della rassegna concertistica per i pazienti ricoverati in Arca. Io suono in duo con Maria Grassi, artista di Taranto. La nostra è un’amicizia fraterna: ci conosciamo da oltre trent’anni. Nell’ultimo periodo abbiamo deciso di costituire un duo violino e arpa. Suonare alla Cittadella per le persone più sofferenti, sapere di poter portare loro almeno un attimo di serenità, attraverso la nostra musica e un nostro gesto, è stato emozionante. Era Natale, peraltro. Merito dall’Ateneo della chitarra e del direttore artistico Pino Forresu per l’evento organizzato”.

Della città cosa le è parso?

“Conosco Taranto da tanto. Ci vengo spesso. Ce l’ho nel cuore: il mio papà ha fatto il militare a Taranto, gli piaceva tanto, e mi raccontava tante cose della città. Anche di aver sentito Only You per la prima volta alla famosa ex Standa. Ancora oggi, quando ci vado, immagino il mio papà che si aggira lì dentro ascoltando quel brano… L’ho trovata molto bene, Taranto, pulita, dal mare alla città vecchia. È fatta di persone fantastiche, disponibili, accoglienti. Come sono pure quelle di Napoli, dove sono appena stata con la stessa Maria Grassi. La gente del Sud ha un carattere solare e la capacità di lasciarsi scivolare di dosso ogni negatività”.