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“Amore mio aiutami”, quando a vincere è il teatro

Sapere e non sapere. Fingere, per convenienza, tacere o parlare: l’arte della simulazione affonda le sue radici nel palcoscenico del grande Eduardo (si veda ad esempio “Questi fantasmi”) e, prima ancora, nella storia millenaria. Perché le dinamiche della crisi all’interno della coppia sono tangibili da sempre. Debora Caprioglio e Maurizio Micheli hanno avuto il merito di riportare in scena “Amore mio aiutami”, spettacolo ispirato al testo di Sonego, dal quale fu tratto il film di Alberto Sordi. I due attori in tournée hanno raggiunto anche la città dei due mari inaugurando la rassegna I colori del teatro curata da Renato Forte per l’associazione culturale “Angela Casavola”, con la collaborazione del Comune di Taranto. Lo spettacolo è andato in scena nella serata di ieri al teatro comunale Fusco. La storia è nota: la relazione tra Giovanni e Raffaella, legati da dieci anni nel sacro vincolo del matrimonio, va in crisi quando la donna si innamora di un altro uomo; la stessa chiede aiuto proprio al marito confidandogli quel sentimento, facendo leva sulla modernità di chi si vanta di essere persona di larghe vedute, e razionale.

Un’ora e quaranta di spettacolo dal ritmo serrato, quello andato in scena nel giorno prediletto dalla signora Raffaella (mercoledì), incapace di annoiare un solo istante il pubblico che ha riempito numeroso la sala. La prestazione dei due attori è stata impeccabile. Se Maurizio Micheli ha aggiunto ironia al testo (anche un pizzico di tarantinità), la figura di Debora Caprioglio sembrava straordinariamente somigliante a quella di Monica Vitti, partner di Alberto Sordi nella famosa pellicola del 1969, nei toni e nella fisicità. In quella voce ansiosa pastosa lamentosa. Un valore aggiunto è dato dalla sua intramontabile sensualità. Quanto ai contenuti, rispetto alla complessità della vita, alle contraddizioni e alle fragilità del mortale, Amore mio aiutami non offre alcuna chiave. Se non quella dell’ironia che però non si rivela pienamente efficace. Fa poi un certo effetto sentire gli applausi divertiti degli astanti alla fine del primo atto, quando dietro le quinte, in scena, si consuma un’azione drammatica: il marito che picchia la donna nel tentativo di destabilizzarla, di scuoterla, di risolvere “all’antica” quella situazione ingarbugliata. Desta meraviglia nell’epoca in cui qualsiasi forma di violenza, anche solo accennata, viene messa al bando. Quando tutto sembra sospeso in modo irrimediabile, l’ultima parola spetta all’uomo: un atto di autodeterminazione che pone fine alla vicenda rievocata. Nel mezzo c’è la convivenza con il male e coi tormenti di un legame che richiede autenticità. Tra il dire e non dire, condannare o perdonare, andare avanti o mandare tutto all’aria, viene in nostro soccorso proprio il teatro.

(Pubblicato su lojonio.it)

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Debora Caprioglio: “Nelle mie vene scorre sangue pugliese”

“Ho fatto tante cose nella mia carriera. E di tutto vado fiera. Ho recitato anche in Casa Vianello: Sandra e Raimondo erano due persone straordinarie. Il loro sodalizio molto forte, speciale”

Le persone di talento le riconosci dalla luce che hanno dentro. E che non possono mascherare nemmeno quando sono al telefono… Debora Caprioglio la possiede quella luce, foriera del successo: uno sguardo di curiosità empatia gentilezza che preserva sulle persone e sul mondo, è la sua cifra, da sempre. A parere di chi scrive, quelle doti naturali vanno anteposte alla bellezza. Vengono prima della bravura e della spudoratezza, rintracciabili in un mondo che (sia cinema, televisione o teatro), pur ispirandosi alla realtà, non ha nulla a che fare con la stessa. Con “Amore mio aiutami” l’attrice nata a Mestre sta girando la Penisola, adesso, raccogliendo gli umori della gente, in questi giorni di preoccupazione mista a rinascita. Sarà al teatro Fusco di Taranto nella serata del primo dicembre. In attesa di rivederla nella città dei due mari, la ringraziamo per l’attenzione data ai settimanali Lo Jonio e L’Adriatico.

Affacciamoci alla quarta parete… Il pubblico che conosce il suo compagno di viaggio Maurizio Micheli, particolarmente quello pugliese, si aspetta la risata associando il volto dell’attore, la voce e la mimica alle sue doti più apprezzate. Quanto è importante andare a teatro, durante la pandemia, ricercando l’ilarità?

“Tantissimo. Lo è andare a teatro, in generale: al netto delle riaperture estive, la ripresa del settore è cominciata da poco. E sarà graduale. Differenziata: ci sono teatri che continuano a far osservare agli spettatori il distanziamento. Con Maurizio Micheli, che so essere personaggio molto amato, c’è un bellissimo rapporto: ci conosciamo da tempo, ci siamo sempre rincorsi da anni, e felici di esserci ritrovati, dopo aver fatto un film insieme (Saint Tropez – Saint Tropez). Divertirsi e distrarsi, di questi tempi, è importante. La risposta del pubblico c’è. Sebbene non in modo uniforme: la fiducia, la percezione del rischio varia a seconda del posto visitato. Gli abbonamenti si fanno a fatica. Ma questo è un problema generale: la difficoltà di fare progetti a lungo termine. Noi siamo reduci dallo spettacolo di Bologna, che è stato un successo. Speriamo in quello di stasera (martedì, per chi legge, ndr) e nelle tappe pugliesi di Taranto, Lecce e Bari. Le notizie dell’ultim’ora non sono così rassicuranti, riguardo all’aumento dei contagi. Ma speriamo bene, insomma”.

“Amore mio aiutami” è uno spettacolo collaudato, tratto dal film con il grande Alberto Sordi e Monica Vitti. Qual è la sua attualità, con riferimento alle tematiche sviluppate?

“Sono sempre attuali i momenti di crisi nelle dinamiche di coppia. E la loro risoluzione: la capacità di tirarli fuori. Ce lo insegna l’epoca in cui fu scritta la storia, commedia a firma di Rodolfo Sonego. Pensiamo ai problemi di coppia: alla necessità di superarli, da un lato, al fingere che non ci siano, dall’altro. Il testo si presta a momenti comici, di ilarità, alternati ad altri di riflessione. Proprio come accade nel film per merito della capacità di quegli attori straordinari”.

Che ha rapporto ha Debora Caprioglio con la terra che la ospiterà il primo dicembre? La Puglia e Taranto.

“Conosco Taranto. Ci sono stata per recitare con Gianfranco Jannuzzo, tre anni fa. Vi dirò di più… I miei ricordi sono più lontani: il mio nonno materno ha vissuto a lungo con la mia famiglia a Taranto. Nelle mie vene, quindi, scorre sangue pugliese. Mi piace moltissimo la città. La regione, una terra variegata che offre tanto. L’ho girata in lungo e largo: in estate, ho avuto modo di abbinare le tournée alle vacanze”.

Uno sguardo alla carriera. Rileggendo il suo percorso di crescita, fatto di studio e affiancamento ai Grandi, quali sono stati i momenti più gratificanti?

“Dal ’97 in poi, da quando fui chiamata da Mario Monicelli per Una bomba in ambasciata, vado fiera di aver dedicato gran parte della mia carriera al teatro, per mia scelta. È il teatro che mi ha fatto crescere professionalmente e sul piano personale, in lavoro, disciplina, conoscenza. Sono molto legata anche al cinema, da cui provengo: mi ha dato la popolarità, insieme alla televisione. Al nome di richiamo, va detto, deve poi corrispondere una professionalità. Io ne sono consapevole. So anche di aver avuto la fortuna dell’eccletticità, di poter fare cose diverse. Anche l’esperienza televisiva, non affatto terminata: diciamo che il lavoro dell’artista è fatto di fasi, attività a cui ci si dedica a intermittenza. L’importante è recitare. E preservare quella marcia in più che è la curiosità”.

E i momenti meno esaltanti?

“Mah, io vado fiera di tutto. Anche di ciò che riesce meno bene, magari: in una carriera, ci può stare”.

A proposito di televisione, lei hai recitato anche in Casa Vianello: che ricordo ha di Raimondo e Sandra? Perché oggi non si intravvedono coppie di comici italiani di quel calibro?

“Premesso che ero molto giovane allora, ricordo la loro disponibilità e gentilezza, la bravura e simpatia. Erano persone straordinarie, capaci di mettere a proprio agio chiunque lavorasse con loro. Anche una giovane alle prime armi. Sono stati un mito per la televisione italiana. Venendo ai giorni nostri, non faccio nomi ma direi che coppie di comici in circolazione ci sono, bravi. Magari non legati anche nella vita come sono stati Raimondo e Sandra, che avevano formato un sodalizio molto forte, unico, speciale. E che andrebbe contestualizzato agli anni in cui a teatro si vedevano molte più coppie sposate”.

(Pubblicato su “Lo Jonio” nr 209)

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