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Giovanni Motisi, un pesce piccolo scambiato per capo di Cosa Nostra?

I media ne parlano come il successore di Matteo Messina Denaro. Il suo nome è Giovanni Motisi, finito nella lista dei most wanted di Europol. È lui il numero uno di Cosa Nostra? Verosimilmente potrebbe persino trattarsi di pura manovalanza. Un tentativo di depistaggio. Una considerazione, intanto, possiamo farla: finché non lo prendono, finché non esce dai binari (condizione perché ci sia la reale volontà di arrestarlo), non ci è dato sapere con certezza chi è l’attuale Capo dei Capi, all’interno della mafia siciliana. Così è stato fino all’arresto di Totò Riina o di Bernardo Provenzano.

Giovanni Motisi, una lunga latitanza

Quel che è certo, stando alle dichiarazioni di un pentito, è che il boss è stato il killer di fiducia di Totò Riina. Giovanni Motisi ha 66 anni ed è latitante dall’anno 98 del secolo scorso. È accusato di omicidio e di strage, con un ergastolo da scontare. La sua ultima apparizione risale al ’99: fu accertata la sua presenza alla festa di compleanno della figlia. Poi non se n’è saputo più niente. Tanto che per anni venne ritenuto morto. La Polizia, l’anno scorso, ha diffuso un nuovo identikit dell’uomo, per agevolare le ricerche. L’ipotesi più accreditata è che possa aver trovato rifugio in Francia. Ma non si può escludere che possa nascondersi proprio nella sua terra. Con ogni probabilità il killer del commissario vicequestore Ninni Cassarà (1947-1985) e dell’agente di scorta Roberto Antiochia (1962-1985) è ancora tra noi – ne è convinto il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia. Capo dell’omonimo clan, Giovanni Motisi, nato a Palermo, è soprannominato ‘U Pacchiuni (il grasso). Almeno, questa è l’immagine che si aveva di lui fino all’epoca remota dell’ultimo avvistamento. Non sappiamo se negli anni sia stato costretto a una cura dimagrante.

Ventiquattrore di speranza

Il nome di Giovanni Motisi certamente non compare nel maxi blitz effettuato a Palermo, che ha portato a oltre 180 arresti. La notizia di apertura di giornali e telegiornali è passata presto in secondo piano. Dopo che la premier Meloni è intervenuta parlando di “colpo durissimo a Cosa Nostra”. L’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo portata a termine può essere considerata un risultato parziale che dimostra lo stato di salute e la capacità di riadattamento della criminalità organizzata. Si pensi all’utilizzo della tecnologia più avanzata, per fare affari sul dark web, al ricorso alle chat criptate, in luogo dei più rischiosi incontri tra i boss in presenza. La brutta notizia è che con antiche e nuove modalità i boss continuano a lavorare anche tra le mura della casa circondariale. La buona è che, tra gli arrestati, figurano uomini d’onore e colonnelli, oltre agli estortori di diversi mandamenti. Insomma, pezzi di media taglia. E questo ci fa ben sperare. Perché il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine deve proseguire senza soluzione di continuità, parallelamente alla promozione della cultura della legalità.

Due anni fa l’arresto di Matteo Messina Denaro: il ricordo di “Pietra”

Parla il carabiniere del Crimor dei Ros che ha ammanettato l’ex numero uno di Cosa Nostra. Il suo nome in codice “Pietra”, insieme al collega “Turco” è stato protagonista di un’operazione storica, effettuata il 16 febbraio 2023, presso la clinica La Maddalena di Palermo: l’arresto di Matteo Messina Denaro, arrivato dopo 10.820 giorni di latitanza, era diventato un’ossessione per chi lo ha studiato per anni. Quella dedizione, il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, resta l’unica certezza in mezzo a tanti misteri irrisolti