Vent’anni senza Karol Wojtyla. Il papa polacco è stato un gigante della fede, e un grande punto di riferimento, soprattutto per i giovani. A loro deve continuare a rivolgersi nel monito contro la guerra voluta dai “potenti” del mondo. San Giovanni Paolo II non può che essere contrario al conflitto russo-ucraino, o al genocidio perpetrato da Israele contro la popolazione di Gaza palestinese. Durante il suo pontificato Sua Santità ha avuto sempre avuto parole di condanna contro la violenza e i conflitti. Il predecessore di Benedetto XVI ci lasciava il 2 aprile 2005 in un mondo distante e simile al nostro, che non è affatto migliore di quello vissuto a inizio millennio.
La guerra è sempre una sconfitta dell’umanità
Tra i conflitti del secolo scorso, papa Wojtyla criticò apertamente quello del Golfo. E pure l’invasione dell’Iraq nel 2003: un dissenso profondo che espresse più volte. Un discorso che è tra i più famosi, quello pronunciato durante l’Angelus domenicale, il 16 marzo 2003. Eccone un estratto significativo: “No alla guerra! La guerra non è mai una fatalità; essa è sempre una sconfitta dell’umanità. Il diritto internazionale, il dialogo leale, la solidarietà tra gli Stati, l’esercizio nobile della diplomazia: ecco i veri strumenti per risolvere le contese tra i popoli. È ancora possibile evitare la guerra! Perciò non si deve interrompere l’impegno di chi a cuore la pace. Io appartengo alla generazione che ha vissuto la Seconda guerra mondiale e, sopravvissuto a essa, ho il dovere di testimoniare che la guerra non risolve i problemi, ma li accresce. È necessario e urgente che si ritornino ad attivare gli strumenti della diplomazia e del dialogo. Con l’aiuto di Dio, è sempre possibile cambiare il corso degli eventi”.
La voce inascoltata
Con riferimento alla guerra in Iraq, non possiamo dimenticare le ragioni dell’invasione, dimostratesi fake news (si parlava delle armi di distruzione di massa irachene). Giovanni Paolo II non usò mai toni di aperta condanna contro la Nato o gli Stati Uniti d’America. Ma espressa una ferma e chiara opposizione al conflitto. All’iniziativa guidata dagli Usa con il supporto di una coalizione internazionale. Nessuno, però, ascoltò il suo appello: già il 13 gennaio 2003, nel discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, chiedeva che si scongiurasse la minaccia della guerra.
Come Francesco
È il dovere di ogni pontefice, parlare contro la guerra. Così papa Bergoglio non fa che ripeterlo. Anche nelle condizioni di salute critiche in cui si trova adesso: nel testo dell’Angelus diffuso domenica scorsa in forma scritta, ha citato anche il Congo, il Sud Sudan e il Myanmar, devastato dalla guerra civile oltre che dal terremoto. E naturalmente il pensiero costante va sull’Ucraina e sul Medio Oriente. È facile rilevare l’inutilità degli interventi degli uomini di fede; ma le parole di Verità del Vangelo travalicano la dimensione temporale per fissare un orizzonte già definito.