Sette ottobre. Una data spartiacque, al pari dell’undici settembre: l’umanità si riscopre vulnerabile agli attacchi più distruttivi, che possono venire a sorpresa. Era ben pianificato, invece, quello di Hamas su Israele, accaduto l’anno scorso. Da allora l’escalation ha finito con l’aprire ben 7 fronti di guerra. Sanguina il Medio Oriente, e si preoccupa l’intera Europa, l’Occidente. Perché la spirale dell’odio e della violenza non si arresta. Così la pace, intesa come cessazione delle ostilità, ovvero tregua, sembra irrealizzabile nel medio termine.
Pregare per la pace in ogni forma
“Volgere lo sguardo al mondo. I fuochi di guerra continuano a sconvolgere popoli e nazioni”. È l’esortazione di papa Bergoglio. Che inaugurando la sessione conclusiva del Sinodo, con la Celebrazione Eucaristica del 2 ottobre scorso, continua a predicare instancabilmente la cultura della pace e del rispetto. Per onorare l’odierna tragica ricorrenza, per combattere la guerra, Francesco invita a vivere una giornata di preghiera e di digiuno. Anche domani 8 ottobre. L’iniziativa può essere condivisa da ogni popolo, in forma individuale o comunitaria. Digiunare giova allo spirito, oltre al corpo: ci aiuta a riflettere sulle priorità, su ciò che è essenziale alla nostra sopravvivenza. Serve dialogare e resistere alla tentazione della vendetta. Pensiamo a quanto sta accadendo negli ultimi giorni. E in queste stesse ore: Hamas lancia razzi verso Israele durante la cerimonia per il 7 ottobre; Israele si accinge a sferrare l’attacco contro l’Iran, ritenuto responsabile di tutte le minacce di guerra totale in Medio Oriente; l’Iran a sua volta ha già compiuto la sua vendetta per il leader della milizia libanese Hezbollah, Nasrallah, con una pioggia di missili su Israele. La cui reazione è imminente. Seguirà un’altra vendetta, con il coinvolgimento di altre nazioni. E così via. Mentre la guerra in Ucraina non è ancora un ricordo.
Il 7 ottobre
Un anno fa il massacro al Festival musicale Nova di Re’im. Il rapimento e l’uccisione dei giovani che prendevano parte all’evento, per mano dei terroristi (oltre 250 ostaggi, 800 civili morti), è un fatto cruento meritevole di condanna senza riserve. La scintilla che ha dato origine alla guerra a Gaza. Dodici mesi che hanno sconvolto il mondo. Una mattanza che fa delle vittime i nuovi carnefici. Perché i 40mila morti per l’attacco di Hamas e per l’invasione israeliana dell’ottobre 2023 (37.396 secondo il Ministero della Salute di Gaza) ce li abbiamo sulla coscienza. Per non parlare dei bambini. Delle creature innocenti, alle quali consegniamo un mondo dominato dal caos e della violenza. Più che salvare vite, scongiurare altre catastrofi umanitarie, la priorità adesso è diventata la caccia a Hamas, che governa la Striscia di Gaza dal 2007 avendo vinto in quell’anno le elezioni parlamentari palestinesi. E che vuole fare della Palestina una patria islamica da sottrarre al controllo israeliano. Questo movimento viene riconosciuto come organizzazione terroristica. Almeno, nella sua ala militare, universalmente. Sconfiggere Hamas è complicato quanto portare la pace attraverso la guerra.