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Terremoto Afghanistan, l’emergenza ignorata dalla comunità internazionale

“La devastazione è totale. Ci sono villaggi completamente distrutti, perché le case, fatte di fango e paglia, sono crollate completamente a causa del terremoto; quando si passa di lì, si può vedere che molti dei morti sono sepolti con le pietre”. A tratteggiare questo quadro inquietante è Thamindri de Silva. Il quale, direttore generale dell’Ong World Vision in Afghanistan, prova a spostare l’attenzione su quanto sta accadendo in un Paese scosso da una nuova emergenza comunitaria: il terremoto, o meglio l’ondata sismica, di magnitudo compresa tra 5.5. e 6.3, verificatasi sabato scorso 7 ottobre.

L’assistenza che manca

La catastrofe ci riporta al terribile post terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria, lo scorso febbraio, facendo circa 60mila vittime. Allora, però, c’era l’ausilio della tecnologia utilizzata in quell’area, e il supporto dei tanti Paesi che inviarono squadre di emergenza. A denunciarlo, sulle pagine del quotidiano spagnolo El Pais, il responsabile delle comunicazioni dell’Unicef in Afghanistan, Daniel Timme. Il quale aggiunge che tutto è molto più improvvisato. E che c’è il sostegno di due Paesi soltanto: l’Iran e la Turchia. Gli aiuti alla popolazione arrivano dalle Ong locali e internazionali. Che devono fronteggiare la scarsa assistenza internazionale. Come ha dichiarato lo stesso de Silva, l’Afghanistan ha ricevuto soltanto il 20 per cento degli aiuti internazionali di cui necessitava prima del terremoto; e il timore è che quanto sta accadendo nel resto del mondo, soprattutto il conflitto di Gaza, mettano in ombra il nuovo disastro verificatosi nel Paese, e le emergenze umanitarie che lo stesso ha generato.

Terremoto in Afghanistan, la terra trema ancora

Nelle scorse ore, intanto, una nuova forte scossa di magnitudo 6,3 ha colpito la parte occidentale del Paese. Segnatamente l’area limitrofa alla città di Herat, vicino all’epicentro del terremoto di sabato scorso. Le vittime sono circa 2.400 in totale. Donne e bambini, in particolare. Altrettanti i feriti, secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero della Sanità pubblica afghano – a oltre 72 ore dalla catastrofe, diminuiscono sempre più le probabilità di ritrovare persone in vita. Lo riportano anche i Talebani, che da oltre due anni hanno ripreso il potere in Afghanistan. Gli stessi hanno incontrato le Ong per coordinare l’assistenza umanitaria. A tal fine, per aiutare la popolazione locale, alle donne viene concesso di lavorare di più. Temporaneamente, sia chiaro: l’emergenza lì, nella terra abbandonata nel 2021 dagli americani, è vissuta in tutti gli altri giorni dell’anno, in termini di mortificazioni e di violazione dei diritti umani.

Stati Uniti e Russia alleati nel sostegno ai gruppi terroristici: la denuncia di Rawa

A chi importa dell’Afghanistan? Lì le violazioni dei diritti umani sono drammaticamente continue, forti. A farne le spese le donne, le giovani che devono coprire con vestiti neri tutto il corpo, alle quali viene negata la formazione, la possibilità di andare a scuola. Le donne che non hanno il permesso di viaggiare da sole. Che devono essere sempre accompagnate da un parente uomo. Mentre poche “fortunate” possono svolgere determinati lavori, con limitate funzioni. Anacronismi che dovrebbero suscitare la nostra indignazione. La regressione ha avuto inizio nel 2021 quando le truppe americane hanno lasciato il Paese raggiunto vent’anni prima per combattere ovvero cacciare il governo talebano che ospitava al-Qaeda, il gruppo terroristico responsabile dell’attacco alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001. Scelta che ha aperto un’ampia discussione.

La contraddizione

Prezioso e perseverante, difficile e coraggioso il lavoro di Rawa – Associazione rivoluzionaria delle donne afghane, una delle organizzazioni più attive in Afghanistan, che denuncia inoltre: “Dal punto di vista politico noi vediamo che gli Stati Uniti appoggiando i talebani e diversi gruppi terroristici, ma anche Cina e Russia sono presenti in Afghanistan e appoggiano i loro gruppi fondamentalisti preferiti, e questo rende molto complicato per le nostre persone organizzare la resistenza”. Insomma, le superpotenze che non sono affatto amiche, tornate distanti da quando ha avuto inizio la guerra in Ucraina, hanno obiettivi e interessi comuni.

Un Paese allo sbando. Ma la resistenza fa rumore

La stessa organizzazione politica femminista, a sostegno dell’intera popolazione, dichiara che tutti gli uomini e le donne stanno soffrendo per il collasso del sistema economico, per la mancanza di cibo e di sicurezza; per la mancanza di prospettiva, di lavoro, mentre il costo della vita è in crescita, il prezzo dei beni di prima necessità schizza. Sebbene possa prevalere l’arrendevolezza, va detto che “tutti i gruppi religiosi ed etnici che vivono in Afghanistan sono fortemente contro i talebani e contro il fondamentalismo, hanno visto e avuto esperienza del loro governo precedente e vogliono avere un’alternativa migliore”. Vogliono vivere. Ovvero non cedere ai talebani e ai loro presunti valori. Barlumi di speranza dentro la catastrofe ignorata dal mondo.