Non è un metodo che rassicura. Ma magari funziona, l’idea da cui prendere spunto, nell’azione di contrasto a un processo divenuto ormai irreversibile, da porre come la madre di tutte le questioni: prevenire la formazione di vortici atmosferici come tornado e tifoni attraverso ordigni esplosivi. La teoria rivoluzionaria porta la firma degli scienziati russi. Per combattere gli effetti più devastanti del cambiamento climatico, servirebbero cinquanta ordigni con una capacità totale di 4 chilotoni, installati con competenza, al posto giusto. È fattibile?
Le potenze nucleari unite nella lotta al cambiamento climatico
“Tali esplosioni possono essere effettuate in qualsiasi stadio dello sviluppo del tifone. L’importante è che siano nei punti giusti e di potenza sufficiente: i calcoli hanno dimostrato che per fermare l’intera massa rotante alla base del ciclone, avremmo bisogno di un’energia molto grande”. Così Sergei Bautin sulla rivoluzionaria teoria. Lo stesso professore presso la sede del MEPhl di Snezhinsk ha chiarito: “Ci vorrebbe almeno una bomba atomica. Ma se si sa dove farla esplodere, ci si può limitare a esplosioni meno potenti”. “Per calcolarlo, dobbiamo conoscere la velocità del flusso ascensionale intorno al centro del ciclone – aggiunge – la sua geometria, i diametri e le distanze. In sostanza, dobbiamo fermare non il movimento circonferenziale, ma quello verticale verso l’alto dell’aria lungo l’intera circonferenza attorno al centro del vortice atmosferico”. In sostanza, la questione è assai complessa, e sebbene possa avere un certo fondamento scientifico, a noi pare essere una follia. E mai vorremmo assistere a una guerra nucleare spacciata per lotta al cambiamento climatico. A tal proposito, l’avvertimento degli scienziati è che un’esplosione di tale potenza dovrebbe essere coordinata con gli altri Stati.
Il metodo e l’applicazione
Al netto di una serie di problemi grossi da risolvere, secondo Sergei Bautin, non solo sarebbe possibile fermare un ciclone, ma pure ricavarne energia. Sulla stessa lunghezza d’onda il coordinatore del programma di rinverdimento industriale del Centro per la conservazione della fauna selvatica Ihor Shkradyuk sostiene che l’esplosione possa anche reindirizzare il flusso d’aria. Di diverso parere il ricercatore capo dell’Istituto di ricerca spaziale dell’Accademia delle scienze russa Sergei Pulinets, per il quale esistono modi più semplici per fermare i tifoni senza dover far esplodere nulla. Ad esempio riscaldando la parte superiore del ciclone tramite ionizzazione. Mikhail Leus infine ha precisato che per l’applicazione della rivoluzionaria teoria ci vorrebbe una potenza di esplosione di gran lunga superiore a quella delle bombe sganciate su Nagasaki e Hiroshima: gli scienziati dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Snezhinsk dell’Università nazionale di Ricerca nucleare MEPhl cercano di essere propositivi, positivi, e insieme realisti.