Dieci giorni senza pc e senza cellulare. Va bene anche meno: il necessario per “staccare la spina” in senso letterale. Un esperimento che andrebbe provato, in modo da ricaricare il corpo e la mente, almeno una volta, o ogni tanto. Cosa accade, quando riusciamo a farlo? Il tempo scorre più lentamente. Ce n’è per guardarsi intorno: per ascoltare il rumore delle cicale fino a sera tarda, quando si sta all’aria aperta; per dare più attenzione a se stessi o agli altri; per far riemergere freschi o vecchi ricordi; per ordinare i pensieri, o per lasciarli in disordine. Una scelta controcorrente, stare “disconnessi”. Perché siamo immersi in tempi nei quali l’utilizzo delle tecnologie si fa sempre più dirompente. Ma pur controcorrente, la stessa scelta consente di risintonizzarsi con la maggioranza. Ovvero con le abitudini perpetuate per millenni dall’essere umano – fino agli anni Novanta del secolo scorso.
Disconnessi, ma riposati
È risaputo che i dispositivi elettronici sono nemici del sonno. Lo attestano diversi studi e ricerche effettuate. Non avere, allora, cellulare o tablet quando si va a letto, giova al riposo notturno. Ovvero alla qualità del sonno. Stare disconnessi per qualche giorno potrebbe essere il miglior rimedio per combattere la vera e propria insonnia da smartphone che colpisce gli italiani, adulti e adolescenti, in numero sempre crescente: la luminosità del display tiene in qualche modo attivo, ancora sveglio il cervello, sollecitandolo inoltre agli stimoli provenienti dall’esterno. Col risultato di favorire le apnee notturne e le interruzioni del sonno. La notte come di giorno, il cellulare crea una vera e propria e subdola dipendenza. Dalla quale occorre disintossicarsi in qualche modo. Va da sé che per favorire il riposo notturno non basta liberarsi di questi aggeggi: occorre spegnere le preoccupazioni, e combattere altri fattori di disturbo. Quali possono essere le zanzare pericolose e il gran caldo di questi giorni.
Elogio della lentezza
Andiamo sempre di corsa. Rallentare i ritmi, riallineandoli a quelli dei nostri antenati, quando l’evasione dalla ruotine e dalla quotidianità diventa una concreta possibilità (il momento migliore per fare questa esperienza è senz’altro la vacanza), significa abbattere lo stress godendosi il panorama. Riprendere il contatto con la realtà senza lasciarsi fagocitare dalla stessa. E se il corpo rallenta, assecondando il passo dell’eleganza, l’agilità mentale migliora, si rafforza. Così la capacità di analisi e di approfondimento. Stare disconnessi, e magari riprendere le letture più impegnate, come le riviste settimanali o i romanzi “mattone” lasciati impolverati durante l’anno, stimola la curiosità rispetto a ciò che ci accade intorno. Senza l’assillo di dover rispondere a chiamate e messaggi, appena li riceviamo, potremmo dare la precedenza ad altro. Riscoprire anche la noia. Che per qualche giorno soltanto, può diventare una compagnia salutare. L’otium può prendersi la rivincita sul suo contrario.