Nei tg di tutta Europa non si parla d’altro, in toni enfatici: le temperature record registrate in questi giorni sono del tutto eccezionali. Eppure gli sconvolgimenti che accompagnano le anomalie termiche (incendi, siccità, fenomeni estremi, scioglimenti dei ghiacciai) non convincono i negazionisti del cambiamento climatico.
Articoli come questo, condiviso nelle ultime ore sui social, rafforzano la tesi di quanti vorrebbero far rientrare il caldo nella normalità. Perché (dicono) c’è sempre stato. Ma il fenomeno non si può ridimensionare… Costoro, i negazionisti cronici o gli improvvisati, ignorano che l’entità del caldo non si misura solamente col barometro, ma anche attraverso altri parametri. In primis temporali: un conto è l’eccezionalità di una giornata, come fu in quel luglio del 1964, altro è la persistenza della canicola che si protrae per settimane – al Sud la temperatura è schizzata sopra i trenta gradi già da maggio. Altro ancora è l’estensione del caldo a latitudini inusuali. Vero è che il cambiamento climatico ha sempre fatto parte della storia del nostro pianeta, nell’alternanza ciclica di periodi glaciali e interglaciali, dovuta in buona parte ai movimenti dell’asse terrestre e dell’orbita; ma l’intervento umano come fattore di accelerazione verso il surriscaldamento globale è innegabile. Così i danni prodotti dalle emissioni di gas serra. Ma ancora stiamo a parlarne…
Insomma, si direbbe, siamo spacciati: se la totalità delle popolazioni non prende coscienza di quanto sta accadendo, ai danni degli abitanti e del creato, le già flebili politiche orientate all’azione di contrasto al cambiamento climatico procederanno ancora più a rilento. A dispetto dei “gretini” e di coloro che ci avevano visto lungo lanciando l’allarme qualche decennio fa. Al netto di ogni previsione catastrofica censurabile (tutti gli eccessi fanno male), non ci resta che adattarci, per quanto possibile, a queste estati sempre più roventi lunghe insopportabili.